Discesi dal lettino
son là presso il camino,
grandi occhi estasiati,
i bimbi affaccendati
nel loro piccolo cuore
ignaro del dolore.
a metter la scarpetta
che invita la Vecchietta
a portar chicche e doni
per tutti i bimbi buoni.
Ognun, chiudendo gli occhi,
sogna dolci e balocchi;
e Dori, il più piccino,
accosta il suo visino
Guido Gozzano
Narra la leggenda, che persino Numa Pompilio, uno dei re di Roma, fosse solito appendere una calza vuota, in una grotta nota soltanto a lui. Una ninfa, era solita riempirla non di dolciumi ma di saggi consiglio. Non è semplice ricostruire la storia della tradizionale calza della Befana: è un'usanza che ha origini molto antiche, che si perdono nelle credenze e nelle usanze tipiche del mondo contadino. La calza della Befana, inoltre, sembra essere una tradizione prevalentemente italiana: nonostante la Befana sia un personaggio ormai famoso in tutto il mondo, negli altri paesi esistono altre tradizioni legate all'Epifania.
L'usanza di inserire caramelle e dolci nella calza della Befana è abbastanza recente: basti pensare che fino a 30 o 40 anni fa le industrie dolciarie si affacciavano appena sul mercato. Le calze della befana, quindi, erano riempite principalmente con dolcetti e biscotti fatti in casa e frutta per i bambini buoni; patate, peperoncino, cipolle, aglio, cenere e carbone (vero), per i bambini disobbedienti. Le stesse calze della Befana, inoltre, non erano così vivaci e colorate come quelle che si trovano oggi nei supermercati: spesso erano ricavate da calzini vecchi e rattoppati. Molti bambini, poi, utilizzavano le scarpe che, appese alla trave del camino o poste in sua prossimità, aspettavano di essere riempite. La tradizione di inserire la frutta nelle calze della Befana, inoltre, oltre a esigenze economiche, era motivata anche da fattori legati alla salute: la frutta di stagione e, in particolare, le arance e i mandarini, sono infatti ricchi di vitamina C, utile a rafforzare il fisico durante l'nverno e a difenderlo dai malanni stagionali.