SI, TORNERO' (treA)
Si tornerò a casa,
aspettami senza impazienza;
torneremo a ricamare
i pomeriggi gialli di sole
con fili colorati di parole,
sorrisi e sguardi complici.
Non avremo più nel cuore
quel dolore sordo, segreto,
che non ci abbandonava mai.
Si tornerò a casa,
e parleremo tra noi
ma senza segrete intenzioni
saranno le nostre parole,
solo innocenza nella trasparenza
degli sguardi nostri;
tutti i segreti mi rivelerai
che hanno governato
la tua vita e la mia vita
e dolcemente mi racconterai
perché proprio te, anima antica,
ho dovuto affrontare e placare
ed amare oltre ogni limite
e odiare a volte
per una sorta di difesa estrema.
Non tesseremo più leggerissima
trina di parole in equilibrio
su trame di strategici silenzi,
ma solo parole come nuvole
lievi, ad avvolgerci insieme,
ci saranno in quei giorni
e pause di sorrisi limpidi
e amore negli occhi, quello
sempre rincorso e catturato mai.
t. A.
TI VERRO' INCONTRO (VERSOLIBERO)
Brucia il peccato dell'orgoglio
nell'assurdo silenzio che trabocca
dal vaso vuoto che contiene gli anni
o appena l'addensarsi dei secondi;
e così castighiamo questa vita
nel suo inesprimibile singhiozzo
raggrumato nel cuore della pietra.
L'umile bellezza del silenzio
sgrana ore come chicchi di rosario
e si fa carica di proposito e intenzione.
Ti verrò incontro con le braccia tese,
anche se dovessi rinnegarmi:
ti porterò le cose che ho salvato
mentre credevo di morire dentro:
così come sono, un po' sgualcite,
ma linde, e benedette dal dolore.
Rosanna
PRIMAVERA (Sagitterv1)
Scartoccio gli occhi
negli strati di sole
e tutto ha un profumo
anche il suono
quello delle viole
che spuntano nei parchi
zampilli rallentati
in un concerto d’archi
e ricami di foschia
sul canovaccio azzurro.
Ancora una stagione
alimenta il mio vissuto
e stagiona il mio passato
staziona la speranza
sul balcone di un sorriso
il mio sospiro scuote
e strappa nubi di ricordi
che giacciono al mio interno
mentre piove,
l’ultima lacrima d’inverno
Vincenzo
INCUBI DI LUCE (Rebecka)
Poiché le luci ti crearono
tela d’arcobaleni la tua pelle
disordinata figlia del vento,
salmastre schiume le braccia tue
si tendono sul mondo
costeggi solidi sogni di cristallo
mutando l’acqua in veleno,
non avvizzisce mai la tua luce
neppure quando scende giù l’inverno
e incanteresti Cerbero e Caronte
vibrando le tue corde,
la voce tua che s’innalza al cielo
su cui spargesti le tue stelle
e dolce notte morde
le mani di Morfeo
in questo incubo di luce
che spingi dietro le mie palpebre.
Rebecka