Trystane

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Garlan2
00martedì 28 ottobre 2008 20:08
Un respiro profondo per assaporare la fresca e frizzante aria di mare. L’odore di salsedine appena percettibile, coperto dal penetrante profumo di arancia e limone. Il ragazzo aprì gli occhi. Lontano, all’orizzonte, il cielo azzurro sfiorava la pacifica superficie verde persiano del mare. Una folata di vento portò l’intenso odore di sale. “Sale”. Il ragazzo ricordava, quando, con il fratello, erano andati a vedere la raccolta del sale.
Le saline di Costa Salata erano immense. I bacini si estendevano a perdita d’occhio lungo la costa. Erano situati in prossimità del mare in modo che le variazione di marea potessero alimentare le vasche. In quelle vasche l’acqua evaporava veloce sotto il caldo Sole di Dorne e il sale rimaneva depositato sul fondo.
Lord Gargalen aveva spiegato come in certi paesi, al di là del mare, usassero quale moneta di scambio il sale. Anche qui il sale ha sempre rivestito un ruolo importante per il paese, spesso tenuto allo stesso livello dell’argento e dell’oro. Ma già a quel tempo il ragazzo sapeva che il vero oro nel Dorne era l’acqua.
“Acqua”. Chiuse nuovamente gli occhi. Sentì lo zampillare di una fontana dietro di lui. L’acqua è il vero tesoro. Raro gioiello di questi aridi deserti. “Oro blu”, l’aveva sentita chiamare qualche volta. Riaprì gli occhi e alzò lo sguardo verso il cielo. Il blu era così inteso, e le bianche nuvole che procedevano veloci, lo facevano risaltare ancor più. “Oro blu”. Oro che cade dal cielo come un regalo degli Dei. Gli Dei non amano far spesso doni ai dorniani. Il ragazzo si volse verso nord, cercando di immaginare di vedere al di là del palazzo, molto più in là. “Le montagne non le fermano”.

«Trys!» Il ragazzo si voltò verso la direzione da cui veniva il richiamo. «Trystane, vieni!» Un ragazzo dai capelli castano chiari con striature biondo platino lo incitava con il braccio a raggiungerlo nella piscina.
“Oro blu”. Il principe Trystane Martell sorrise gentile. «Arrivo.» Si alzò dal caldo pavimento di piastrelle in terracotta. Sistemò la stoffa che gli copriva il bacino. Era un grande tessuto bianco. Lo si arrotolava attorno alle gambe e al bacino, lo si passava dietro e infine lo si legava davanti.
Trystane prese la rincorsa e si gettò nella vasca proprio davanti al suo amico. L’acqua non era profonda, quindi dovette fare attenzione a non picchiare sul fondo. Un bagno ci voleva. La schiena gli si era tutta scaldata a star fermo, seduto al sole. Restò un attimo sott’acqua a nuotare, a percepire quella stessa sicurezza che solo il ventre materno dava. Infine sollevò la testa.
«A che cosa stavi pensando?» Una ragazza dai lunghi capelli neri gli si avvicinò camminando nell’acqua, che le lambiva il petto.
«All’acqua.» Rispose Trys.
«Dovremmo tornarci più spesso qua. Mi mancano questi bagni.» Disse il ragazzo di prima, scuotendo i suoi folti capelli dall’acqua. Aveva la pelle molto chiara, dorata dal sole. Non era dorniano.
«Solo i bambini fino a dieci anni posso stare nei Giardini.» Spiegò Trystane, anche se i suoi amici lo sapevano già.
«Ma tu sei il principe.» Disse il ragazzo.
Trys sorrise gentilmente. Cercò di tirarsi su il panno, che ormai zuppo d’acqua gli stava candendo. «E infatti siamo qui.»
«Ho fame.» Disse tutt’a un tratto la ragazza.
«Prendiamo un’arancia.» Propose il ragazzo dai capelli castani e iniziò a nuotare verso l’arancio al bordo della vasca.
«No. No, ho voglia di qualcosa d’altro.» Detto questo si sollevò con le braccia sul bordo e uscì agilmente dall’acqua. I capelli neri erano davvero lunghi: arrivavano fino alla legatura del tessuto che le copriva il petto.
«Allora un melograno?» Chiese Trys. Anche lui aveva fame e la cena era ancora lontana.
«Neppure.» Rispose la ragazza, mentre strizzava i lunghi capelli.
«Bè, Elia, dicci cosa vuoi, forza. Limoni?» Chiese il ragazzo chiaro.
«Non indovini, Ferio? Datteri.»
Trys e l’amico si guardarono.
«I datteri sono fuori.» Disse Trys, uscendo dall’acqua. Non che non ci fossero palme da dattero nei giardini, ma avevano già raggiunto la quota irraggiungibile di venti metri.
Ferio sorrise. «Come hai vecchi tempi.» Disse seguendo il suo amico fuori dalla vasca.
Elia fece una smorfia. «Mica tanto vecchi! Dai, muovetevi.» Li incitò, mentre questi strizzavano i loro abiti.
«Aspetta.» Trys le fece cenno con la mano di attendere, poi si diresse verso il pergolato oltre la vasca.
«Dove vai, adesso?» Chiese sospettoso Ferio. «Non devi sempre dirgli tutto!»
«Mi fido di lui. Devo dirglielo.»
C’era una guardia seduta su una panca in pietra sotto il pergolato di vite. Leggeva un libro.
«Ti piace?» Chiese Trys. Quel libro glielo aveva prestato lui. La guardia alzò lo sguardo dalla sua lettura. Era giovane. Sorrise inchinando leggermente la testa.
«Principino.»
«Gascoyne. Posso chiederti un favore?»
Ser Gascoyne aggrottò la fronte e inclinò leggermente la testa di lato. Conosceva bene i modi del suo principe. Controllò la pagina a cui era arrivato e poi chiuse il libro. «Dove vuoi andare questa volta?» chiese.
«No, devi solo coprirmi. Questa volta.»
«Solo la tua guardia giurata. Devo proteggerti.»
«Torniamo subito, te lo prometto.»
«Subito va bene. Non saprei come spiegare a tuo fratello e alla principessa Arianne la tua scomparsa prima di cena.»
Trystane fece un sorriso a trentadue denti e dopo aver ringraziato infinitamente la propria benevole guardia, tornò dai suoi amici.
«A posto. Andiamo.» Disse loro.

Fortuna che avevano su i sandali. La sabbia era bollente. La piantagione di datteri era molto in là dal palazzo. L’avevano scoperta anni fa, quando ancora vivevano qui, ai Giardini dell’Acqua. Scappavano spesso per la spiaggia senza meta. Una volta si spinsero molto il là e, oltre la duna del vecchio pino, abbandonarono la sabbia.

«Ecco lì il vecchio pino.» Gridò Ferio, indicando un grande e poderoso pino marittimo che si contorceva e allungava verso il mare.
«Non è cambiato.» Disse Trys con fare nostalgico.
Elia l’ho guardò di traverso. «A me sembra che sia più rinsecchito.»
«È lo stesso sempre bello.» Trystane si era sempre chiesto cosa guardasse il pino. Cosa lo spingesse a sporgersi tanto, rischiando di cadere dalla sua collina. Le navi? I delfini? L’orizzonte? Forse sognava di essere un pesce e di nuotar libero e veloce, senza radici.
I tre amici salirono la collina. Trystane si avvicinò all’albero. E lo toccò con una mano.
Ferio lo guardò divertito. «Ma che fai? Vieni!» Otre la collina si estendeva un immensa piantagione di palme da dattero. Gli alberi erano stracolmi di datteri. Molti erano davvero imponenti, ma molti altri invece erano ancora bassi. Camminarono un po’ fra le file degli alberi, cercando delle palme da cui fosse facile prendere i frutti.
«Guardate. Quella li penso che vada bene.» Ferio indicò una palma un paio di file più in là da cui pendevano lunghe ombrelle a portata di mano.
Con un agile salto Elia riuscì a far cadere un’ombrella di datteri bella fornita. Poi iniziò a offrire i datteri ai suoi amici, l’ombrella sembrava piuttosto pesante, e lei era felice di condividere i frutti con gli altri. Si sedette contro il tronco della palma, appoggiando il grappolo di datteri su una foglia in modo che non si sporcasse. I datteri erano grossi e dolci. Trystane aveva sempre adorato i datteri. Si sedette per terra di fianco all’amica, mentre Ferio si accomodava davanti a loro a gambe incrociate. Continuarono a servirsi dal grappolo, fino quasi a terminarlo.
«Buoni, ma troppo dolci. Mi stanno facendo venire sete.» Disse Ferio.
«Anche a me. Forse possiamo andare a vedere se il pozzo della masseria ha ancora acqua.» Propose Trys. Gli altri due annuirono. Si alzarono in piedi e si addentrarono nel palmeto verso sempre più l’entroterra.
La masseria di quella piantagione era la più grande che Trystane avesse mai visto, per quanto fosse per la maggior parte in rovina.
«Certo che questa masseria è enórme. Chi sa dove si trova il pozzo.» Si chiese Ferio, cercando di avere uno sguardo d’insieme del grande edificio. Si estendeva per la maggior parte su un unico piano, ma si vedevano anche edifici più alti e alcune torrette. Tutta la masseria era costruita con un sasso beige che le dava un calore familiare.
«Io non credo che questo posto fosse solo una masseria.» Disse Trys con tono sibillico. «Si percepiscono più intensi ricordi.» Si accovacciò sui talloni e strappo delle erbacce mostrando un mosaico ai piedi della arcata dell’entrata principale.
«Che cosa è?» Chiese incuriosita e affascinata Elia.
«Non lo so. Aspetta.» Rispose gentilmente Trys, liberando un altro pezzo del mosaico.
«È un pesce?» Chiese dubbioso Ferio storcendo la testa.
«Una sirena.» Disse Trys, poi si alzò per ammirare il mosaico nel suo insieme. Una bellissima ragazza con metà del corpo a forma di coda di pesce nuotava sulla superficie del mare. «Doveva essere un ricco palazzo. Ci saranno più pozzi.»
I ragazzi superarono l’arcata di ingresso, dove un tempo doveva esserci stata una poderosa porta. Percorsero la galleria e sbucarono in un grande cortile interno attorniato da un delicato porticato tutto intarsiato. I tre amici iniziarono a perlustrare il luogo. Doveva essere stato saccheggiato varie volte. Le sale, che non erano crollate, erano vuote e spoglie, se non per la sabbia e le sterpaglie. Trystane entrò in un grande salone a sinistra. Sotto la sabbia che ricopriva il pavimento si vedevano ancora i vivaci colori delle piastrelle. Il giovane principe rimase immobile in ascolto, come se si aspettasse che le pareti potessero parlare e raccontare la loro storia.
«Ehi, venite a vedere.» Era Ferio che gridava. Trystane cercò di capire da dove provenisse la voce. Ritornò nel cortile dove incontrò Elia, anche lei richiamata da Ferio. Entrarono nell’apertura opposta alla galleria d’entrata, percorsero un lungo corridoio buio, giungendo a un incrocio.
«E ora dove andiamo?» Chiese Elia con la voce già persa.
Per fortuna Ferio li chiamò ancora. Presero il corridoio di sinistra e sbucarono in un altro cortile con giardino. Quello che videro era stupendo. Ferio si voltò verso di loro tutto felice.
«Questo non era un palazzo, ma un tempio.» Disse Trystane rapito da ciò che vedeva. Il cortile era più piccolo di quello precedente, ma altrettanto spazioso. Al centro sorgeva un edificio quadrato sorretto da cinque colonne a spirale per lato, il tetto era una piramide tagliata su cui sorgeva un ulteriore tempietto. La struttura era circondata da una florida aiuola che scompariva in un largo fossato d’acqua limpida.
«Guardate delle tartarughe marine.» Esclamò Elia entusiasta, indicando due grandi testuggini che affioravano calme sulla superficie dell’acqua.
«Ma come mai non è stato saccheggiato qui?» Chiese a voce alta Trys.
«Forse avevano paura.» Rispose Ferio, sporgendosi sull’acqua nel tentativo di toccare una delle tartarughe che, incuriosita, si era avvicinata al bordo. «Avevano paura degli dei.»
«Tu come sei riuscito a trovarlo subito?» Si informò Elia.
«Non lo so. Sono andato di là e poi di qua e poi di nuovo di là.» Spiegò Ferio indicando destra e sinistra.
«Andiamo sull’isola.» Propose Elia, troppo curiosa per poter resistere.
Trystane, però, si rese conto che era già troppo tardi. Dovevano tornare o non avrebbero fatto in tempo ad arrivare per cena e sarebbero stati guai. «Si è fatto tardi. Sarebbe meglio che torniamo ai Giardini. Prima che mio fratello e mia sorella arrivino.»
Elia era chiaramente delusa, ma non si oppose, mentre Ferio fece un ultimo tentativo a toccare la tartaruga e poi si ritirò. Quindi i tre ragazzi tornarono alla spiaggia e si incamminarono verso i Giardini dell’Acqua.

Quando giunsero in vista del palazzo videro ser Guascoyne che scrutava nella loro direzione. Appena li vide andò loro incontro. Era evidentemente preoccupato.
«Principino. Dove siete stato tutto questo tempo? Mi avevate promesso che sareste tornati entro cena. Vostra sorella e vostro fratello sono già arrivati.» Parlò velocemente, ma era già più sollevato.
«Infatti non è ancora ora di cena.» Rispose Trys, sorridendo comprensivo al suo preoccupato amico.
Il cavaliere lo squadrò con uno sguardo obliquo. «Sì, ma dovete muovervi, perché non avete molto tempo e dovete essere presentabile.» Poi si rivolse agli altri due. «Anche voi è meglio che vi sbrighiate. Stavolta mangerete nel Salone Grande con gli altri ospiti. Il principe e la principessa desiderano cenare solo con loro fratello.» I ragazzi annuirono, ma erano chiaramente delusi.
Guascoyne diede una spintarella in schiena Trystane incitandolo a incamminarsi. Il ragazzo salutò i suoi amici con un cenno. «Ci vediamo domani.»

Trystane entrò nell’accogliente saletta delle udienze dove era stato disposto il tavolo per la cena. Quentyn aveva sempre preferito gli ambiente familiari. Le lanterne alle pareti erano già accese e la loro vivace luce illuminava i variopinti arazzi che circondavano la sala. L’odore delle candele profumante riempiva l’aria. Alla tavola erano già seduti Arianne e Quentyn. Lei vestita con un semplice abito di seta rosa e coi lunghi capelli neri legati dietro alla nuca con un grosso fermaglio dorato, mentre lui aveva un abito più complesso, ma sobrio, una ariosa camicia di lino beige con sopra un gilet colorato e un foulard azzurro al collo; un nastro rosso legava i suoi larghi pantaloni da corsaro bianchi.
Dal canto suo Trystane aveva scelto un abito più composto e regolare: uno sherwani con il colletto alto, di colore blu scuro con le decorazioni in oro, che li arrivava alle ginocchia e li copriva, in parte, i pantaloni alla corsara rosa.
«Trystane. Finalmente.» Esclamò Quentyn, quando lo vide avvicinarsi al tavolo.
«Vi chiedo scusa per il ritardo.» Disse formalmente Trystane, prendendo posto a tavola.
«Non ti preoccupare. Avevamo molto di cui discutere.» Lo rassicurò Arianne.
«Ci sono problemi?» Si informò Trystane.
«No, nessuno. Soliti doveri di stato. Quest’anno le piogge si fanno desiderare.» Rispose Quentyn. A Trystane tornarono in mente le nuvole che correvano sulla sua testa senza fermarsi.
«Tu, piuttosto, come stai? Ti trovi bene qui, ai Giardini dell’Acqua?» Chiese gentilmente Arianne.
«Certo, sono contento di esserci potuto tornare. Mi mancava un po’ questo posto.»
«A chi lo dici.» Disse in un sospiro malinconico Quentyn.
«Nostro padre come sta?» Chiese Trys.
«Sta meglio, anche se, ormai, la gotta lo sta distruggendo.» Spiegò Arianne.
«Maestro Caleotte non glielo faceva che ripetere che doveva seguire una dieta più equilibrata. Non ha mai bevuto abbastanza.» Si lamentò Quentyn, la salute di loro padre lo faceva sempre preoccupare molto.
«L’acqua è rara nel Dorne.» Disse Trys.
Arianne sorrise. «Sì, ma quando c’è sempre meglio berne a sufficienza.»
«A Lannisport invece è davvero arrivata una rarità.» Iniziò a raccontare Quentyn. «Dei mercanti proveniente da qualche strana isola occidentale hanno portato uno strano leone. È più grande e senza criniera, ma la vera particolarità è che è bianco striato di nero.»
«Verrà probabilmente da qualche Isola dell’Estate, ci sono così tanti animali strani in quelle terre.» Disse Arianne, senza mostrare molto entusiasmo.
Alcontraio di sua sorella Trystane era molto interessanto. «Possiamo andarlo a vedere?» Chiese Trystane, che non aveva neppure mai visto un leone.
«È molto lontano Lannisport, e poi non farebbe piacere a zio Oberyn che noi si vada nelle terre dei Lannister.» Disse Quentyn. Trystane fu un po’ deluso, anche se non ci aveva, comunque, contato molto.
«Noi, ora, invece è meglio che iniziamo a mangiare.» Disse Arianne. Subito le due domestiche appostate all’entrata della sala inchinarono e scomparvero nel corridoio per poi tornare poco dopo con due carrelli di vivande.
I tre fratelli mangiarono e parlarono per molto tempo, finché Trystane non iniziò a sbadigliare. A quel punto i suoi fratelli lo lasciarono andare, mentre loro si trattennero ancora un po’.

Trystane raggiunse le sue stanze accompagnato da Guascoyne. Il principe era molto stanco, inoltre non vedeva ora che fosse già il giorno dopo per poter ritornare nel palazzo delle palme da dattero.

Trystane non riuscì a dormire molto. Si svegliò presto all’alba. Scese silenziosamente dal letto per non svegliare Guascoyne che dormiva nella stanza a fianco. Le fredde piastrelle del pavimento fecero rabbrividire Trystane, che fu tentato di ritirasi nuovamente nel suo letto, ma resistete. Si diresse verso la finestra e uscì sul balconcino. I giardini erano ancora immersi nel silenzio. Lontano a est il riverbero del sole schiariva leggermente il cielo che manteneva ancora quel colore malinconico notturno. Trys decise che sarebbero partiti subito. Voleva godere del tempio al sorgere del sole.
Ma come fare con Arianne e Quentyn? “Di sicuro si aspettano che io faccia colazione con loro.” Decise di lasciar scritto alla sua fida guardia che avrebbe dovuto mentire ai suoi fratelli che stava ancora dormendo, inoltre rassicurarlo che sarebbe tornato prima di pranzo. Adagiò il messaggio sul grande cuscino del suo letto. Guascoyne si sarebbe arrabbiato enormemente, lo sapeva, ma sapeva anche che avrebbe dovuto per forza stare al gioco.
Si vestì velocemente in silenzio con vesti leggere e comode, si allacciò i sandali e sgattaiolò fuori dalla sua camera verso le stanze di Elia e Ferio.
Elia era già sveglia e stava al suo balcone in vestaglia a fissare il mare scuro. Trystane capì che anche lei non vedeva l’ora di ritornare al palazzo in rovina. Quando lei si voltò e lo vide sorrise, annuendo, e si preparò svelta senza una parola.
Ferio stava, naturalmente, ancora dormendo. Fu faticoso svegliarlo e convincerlo con dei sussurri ad a seguire gli altri due, ma alla fine anche lui fu pronto.

Quando, ormai, raggiunsero la spiaggia il cielo era già più chiaro. Trystane aggrottò la fronte.
«Affrettiamoci. Voglio arrivare prima che il sole sorga.» Cercò di incitare i suoi compagni, Trystane. Elia era altrettanto entusiasta, ma Ferio non faceva che sbadigliare e trascinarsi a fatica.
«Ma è ancora prestissimo. E poi non potevamo almeno fare prima colazione?» Mugugnò il ragazzo ai suoi amici che lo precedevano.
«Mangeremo alla masseria.» Tagliò corto Trys senza voltarsi.
«Ancora datteri?» La testa di Ferio crollo sotto il suo peso.
«Su, muoviti. Nel giardino segreto ho visto anche un arancio.» Lo esortò Elia. Ferio si arrese e cercò di mantenere il passo dei suoi amici, che camminavano spediti.

Quando giunsero in vista del vecchio pino l’attenzione dei ragazzi fu attirata da un gruppo di delfini che saltavano giocosi poco lontano dalla spiaggia. Sembrava quasi che stessero salutando il loro arrivo. “ O forse stanno chiamando il pino.” Pensò fra sé Trys, lanciando uno sguardo fraterno al maestoso albero.
Superato il grande frutteto raggiunsero il palazzo proprio quando il sole fece capolino da dietro le dune, illuminando l’entrata. Trystane sentì come se qualcosa si stesse risvegliando dentro di lui. Un energia che gli stava parlando.
Ritrovato il giardino interno, si fermarono sulla soglia del cortile ad ammirarlo nuovamente.
«Sento come...» inizo a spiegare Ferio «come un’energia nuova e più profonda.»
«Sì, anche io sento la stessa cosa.» Confermò Elia, respirando a pieni polmoni.
«Anche io.» Aggiunse in un sussurro Trys. «Andiamo.»
«Ma come facciamo?» Chiese Ferio.
«Nuotiamo, no? Tanto è piccolo il canale.» Rispose Trys.
«Ma le tartarughe?» Chiese nuovamente, quasi ne avesse paura.
«Ieri non facevi tanto lo schizzinoso, quando cercarvi di accarazzarle. Ora puoi addirittura nuotarci insieme.» Replicò Elia. la quale stava già toccando l’acqua per controllarne la temperatura. «È fresca.» Concluse. Togliendo la mano, sollevò uno spruzzo nel tentativo di bagnare Ferio, il quale, però, era troppo lontano.
«Ehi!» Si lamentò quello, indietreggiando con un saltino. Elia rise.
Trys si tolse la camicia e i saldali, restando solo coi pantaloni e iniziò ad immergersi lentamente in acqua. «Che bella sensazione.» Disse.
«Forse è la fonte della giovinezza.» Suggerì Ferio, mentre incominciava a spogliarsi. Poi lui ed Elia entrano in acqua. «Ehi, guardate.» Esclamò. Le tartarughe marine gli si stavano avvicinando curiose. Ferio avvinò circospetto la mano nel tentativo di accarezzare quella più vicina, e quella si lasciò toccare. Elia raggiunse Ferio, attirata dalla docilità delle testuggini, mentre Trys risalì la sponda opposta. Rimase un attimo fermo, inghinocchio, ad osservare il tempio. Le collene si attoricliavano su sé stesse, per poi esplodere in spuma nel capitello. Poi Trys si avvicinò con reverenza. Salì alcuni grandi e vide, oltre le colonne, l’entrata, a cui si arrivava scendendo per un corta scalinata. Il ragazzo scese lentamente i gradini ed entrò nella stanza sacra. La camera era completamente ricoperta con pietre bianche e di varie tonalità di blu , che creavano un dinamico movimento di onde e correnti. Alle pareti erano attaccate delle lanterne, ormai spente. Al centro della camera sorgeva un piccolo altare rettangolare di marmo rosa sui cui era adagiato un basso vaso di terracotta.
«Ragazzi. Venite.» Chiamò piano Trys.
«Sono qui.» Rispose Elia, proprio dietro al ragazzo.
«Siamo qui.» Aggiunse a sua volta Ferio, mentre sull’entrata muoveva lo sguardo su tutta la stanza.
Trys si avvicinò con cautela al vaso. Ai fermò un attimo a osservare. Poi inserì entrambe le mani nel vaso e delicatamente sollevò qualcosa.
«Che cos’è?» Ferio ruotò leggermente la testa di lato, quasi che cambiar angolazione potesse aiutarlo a capire.
«Sembra una pietra rossa.» Disse Elia.
Trystane spostò la pietra da una mano all’altra, soppesando e studiandolo. Non era propriamente rosso, aveva dei barlumi dorati, che lo facevano brillare. «No. È un uovo. Un grosso uovo rosso.»

Quando raggiunsero i Giardini dell’Acqua il Sole aveva già iniziato a scaldare la sabbia.
Salirono le scale, superando i vari livelli dei giardini, e sui ponti che solcavano i vari canali che riforniva d’acqua le vasche. Nel giardino superiore furono sorpresi da Arianne e Quentyn che stavano finendo di fare colazione seduti a un tavolina sotto un rigoglioso pergolato di vite.
«Trystane.» Lo chiamò Arianne sorpresa, alzandosi dalla sedia.
«Pensavamo che fossi ancora a letto.» Disse Quentyn, altrettanto sorpreso di vedere suo fratello sbucare dai giardini.
Trystane non sapeva come giustificarsi. Controllò che l’uovo fosse ben nascosto tra le pieghe dei pantaloni. Non voleva ancora raccontare ai suoi fratelli della masseria e dell’uovo. Si pentì di non aver pensato ad entrare da un porta secondaria.
«Da dove arrivate? Dove siete stati?» Chiese con un tocco di rimprovero Arianne, passando lo sguardo su tutti i ragazzi.
«Noi siamo...» Tentò di iniziare a spiegare Trys, ma non gli veniva in mente nessuna scusa valida. Forse era meglio rivelare subito dove erano realmente stati.
«Siamo andati a fare un bagno al mare.» Si intromise Elia. «Avevo tanto voglia di vedere il sorgere del Sole dell’acqua.»
«Non abbiamo detto niente, perché volevamo ricordare le fughe nascoste di quando eravamo qui ai giardini.» Aggiunse Ferio.
«Fughe nascoste?» Ripeté Quentyn, guardando Trys, il quale forzò un sorriso. Voleva tanto uccidere Ferio.
Arianne sorrise gentile. «Lascia stare Quentyn, anche noi quando eravamo dei bambini qui, ai Giardini dell’Acqua, scappavamo di nascosto.»
Quentyn guardò la sorella e poi i ragazzi. Scosse la testa. «Avete fame? Volete mangiare qualche cosa?» Chiese sorridendo.
«No, no, abbiamo già mangiato. Grazie. Dobbiamo andare.» Disse infretta Trys.
«Ma io...» Tentò di iniziare Ferio con uno sguardo che chiedeva compassione, ma Elia lo prese per un braccio e, salutando gentilmente Arianne e Quentyn, lo trascinò via. I due principi si guardarono interrogativi.
«Perché hai detto che avevamo già mangiato? Io ho fame. Alla masseria non abbiamo neppure preso i datteri.» Piagnucolò il ragazzo.
«Cosa vuoi fare adesso, Trys?» Chiese Elia senza badare ai lamenti di Ferio.
«Facciamo vedere l’uovo a maestro Phillas.» Camminava a passo spedito verso le stanze del maestro. Le camere del maestro erano vicino alla voliera che dava su un terrazzo in cui il maestro coltivava le su principali erbe medicinali.
Il maestro era già sveglio, stava distrubuendo del grano ai suoi corvi. Quando vide arrivare i ragazzi nel terrazzo li salutò subito amichevolmente. «Ragazzi, buongiorno. Come mai così mattinieri oggi?»
«Buongiorno a voi, maestro.» Risposero in coro i tre amici.
«Abbiamo trovato qualcosa e volevamo mostravela.» Disse Trystane e subito con un agile movimento mostrò l’uovo rosso dorato. Il maestro ammutolì, poi avvicinò lo sguardo.
«Posso?» Chiese al principe porgendo le mani. Trys trasferì delicatamente l’uovo nelle mani del maestro, che iniziò a tastarlo con cura e osservarlo attentamente. Dove averlo analizzato a lungo lo prose nuovamente a Trys.
«Allora, maestro, che uccello può mai deporre un uovo così?» Chiese il ragazzo.
Il maestro annuì e dopo essere stato un attimo ancora in riflessione disse: «In verità, non lo so. Non ho mai visto né sentito di uova di questo colore, ma di una cosa sono sicuro.» Si fermò attimo.
«Si?» Cercò di stimolarlo Elia.
«L’uovo è ancora vivo. Ma dove l’avete trovato?»
I ragazzi decisero di spiegare tutta la storia, mentre il maestro li ascoltava estremamente interessanto.
«Quello di cui parlate è il vecchio palazzo di un nobile roynar. » Iniziò a raccontare il maestro, invitando i ragazzi ad entrare nel suo studiolo e accomodarsi. «Era temuto in tutto il principato del Dorne, si raccontava che fosse un negromante e si circondasse di preti rossi e stregoni blu. Il suo palazzo era il più bello che si conoscesse e anche uno dei più ricchi. Se nel Dorne la sua fama di mago spaventava gli altri lord, non aveva lo stesso effetto suoi pirati delle isole di Ferro, che una notte attaccarono e saccheggiarono il palazzo. Incantesimi e amuleti non sono serviti a proteggere quel luogo, alcuni degli abitanti del palazzo sono riusciti a fuggire, ma la maggior parte, tra cui il ricco roynar, sono morti. Non avevo mai sentito, però, del tempio al centro del palazzo, e mi sembra al quanto strano che non sia stato saccheggiato.»
«Anche noi ce lo siamo chiesti, ma era davvero tutto come se non fosse mai stato abbandonato.» Disse Trystane.
«Forse se visitassi questo famoso tempio potrei scoprire qualcosa di più su quest’uovo.» Suggerì maestro Phillas.
«Questo pomeriggio potremmo condurvi là.» Accettò Trys.
«Portate l’uovo al caldo, forse. se siete fortunati. riuscirete a farlo schiudere, nel frattempo io cercherò qualche notizia in più sul palazzo nella mia libreria.» Consigliò il maestro.
I ragazzi si congedarono e si avviarono verso il giardino.
«Andiamo a mangiare adesso?» Chiese Ferio, che aveva ormai i crampi dalla fame.
«Prima voglio mettere l’uovo al caldo.» Rispose Trys, riflettendo con che cosa avrebbe potuto scaldare l’uovo. «Come faccio a tenerlo al caldo?»
«Potresti accovacciartici sopra, anche se io preferirei metterlo in pentola.» Suggerì Ferio. «Ho giusto voglia di mangiare un’uovo bollito.» Elia gli diresse uno sguardo raggelante. «Che c’è? Ho fame.» Si giustificò il ragazzo.
Elia si rivolse a Trys: «Non ha tutti i torti. Fatti portare in camera una tinozza d’acqua calda grande, in cui inserirvi una piccola contenente dei panni e sistemaci l’uovo.»
Trys ci pensò un attimo. «Sì, penso sia una buona idea.» Poi guardò Ferio, sorridendo. «Voi andante pure, vi raggiungo subito.»
Ferio esultò di gioia e non se lo fece ripetere due volte. Elia salutò Trys e lo seguì.

Sistemato l’uovo, Trystane raggiunse i suoi amici nel pergolato all’uscita sul giardino. Fortunatamente non c’erano più Arianne e Quentyn. Si fece portare una colazione più sostaziosa del solito, perché, ormai, era quasi ora di pranzo e la fame si faceva sentire.
Terminato il pranzo-colazione si diressero subito tutti e tre alle stanze del maestro.
«Principino.» Trys si sentì chiamare da una voce che, per quanto fosse alterata, non gli fu difficile riconoscere.
«Guascoyne.» Lo salutò Trystane, voltandosi ad accoglierlo con un grande sorriso. Il cavaliere raggiunse i ragazzi e si fermò davanti loro con le mani ai fianchi e gli occhi fissi sul giovane principe in silenzio. «Non mi dovete dire niente?» Chiese freddamente.
Il sorriso di Trys si spense. «Sì, scusami. Non sarei dovuto andare via senza dirti niente. Temevo che non mi avresti lasciato andare.»
Il cavaliere cercò di mantenersi serio, ma voleva troppo bene al suo protetto. Scosse la testa amichevole. «Dovreste sempre fidarvi di me. Però è vero, che non ti avrei lasciato andare.» Poi aggiunse. «Da solo.»
«Ma c’erano Elia e Ferio con me.»
«Si, noi proteggermo a tutti i corsti il nostro principe.» Confermò Elia.
«Bé, più o meno.» Aggiunse Ferio, ma come sempre non resse lo sguardo di Elia. «Sto scherzando. Anche a costo della morte.»
Guascoyne sorrise. «Va bene, va bene. E adesso dove state andando.»
«Da maestro Phillas. Vieni, ti dobbiamo raccontare una cosa.» Disse Trys, prendendo il cavalierei per un braccio e tirando in direzione delle stanze del maestro.

Maestro Phillas aveva appena finito il pranzo e si stava alzando dalla sedia, scrollandosi di dosso alcune briciole, mentre una domestica stava raccogliendo i resti del pranzo. «Già qui, ragazzi? Non dovreste pranzare?» Chiese Phillas, quando li vide.
«Abbiamo già mangiato.» Spiegiò Trys.
Il maestro sorrise. «Non vedete l’ora di mostrami il tempio, vero? Allora incamminiamoci, anche io non vedo l’ora di ammirarlo.»

Così i ragazzi ripercorso nuovamente la strada verso il palazzo. Adesso, però, il sole aveva da poco superato lo zenith, quindi dovettere comprirsi bene per proteggersi dai forti raggi solari. Fu un sollievo, in particolare per il maestro, entrare nelle ombre delle alte palme da dattero. Trystane e i suoi amici incitavano il maestro e ser Guascoyne a muoversi. Li condussero dentro il palazzo e gli indicarono i vari corridoi. Ma qualcosa non andava.
«Dovremmo esserci già arrivati.» Disse Elia, quando entrarono in un piccolo cortile vuoto
«Dobbiamo aver sbagliato strada.» Suggerì Trys.
«L’avevo detto che dovevamo continuare per il corridoio e voltare a sinistra alla seconda entrata.» Brontolò Ferio.
«No, no, sono sicura che la strada era giusta.» Disse la ragazza controllando attentamente le arcate del cortile.
Ser Guascoyne si appoggiò contro un palo a braccia conserte. «Siete certi di non esservi immaginati tutto?» Chiese.
«No, no, era tutto vero, era bellissimo.» Disse Trystane con un tocco di angoscia.
«Dopo che ve ne siete andati ho letto una cosa in un libro.» Incominciò a parlare il maestro. «Che il nobile roynar aveva chiesto al suo più fidato stregone di proteggere uno dei suoi giardini, il suo preferito il Giardino delle Testuggini, con un incantesimo.»
«Sì, sì, c’erano delle tartarughe marine che nuotavano nel canale.» Esclamò Ferio.
«Sono tutte sciocchezze. È meglio che torniamo, principino.» Disse Guascoyne con un gesto di richiamo.
Il ragazzo si voltò a guardare il cortile vuoto, mentre un senso di amarezza gli riempiva il corpo.

Nelle strada di ritorno furono Guascoyne e maestro Phillas a dover incitare a muoversi i ragazzi, poiché i tre amici camminavano lenti e a testa bassa.
«Ma voi credete che ce lo siamo sognati?» Chiese Trys, alzando la testa verso i suoi amici.
«Le testuggini, sono sicuro, erano vere.» Rispose Ferio, ma non sembrava più così convinto.
«L’uovo anche è vero, non ci sono dubbi. Forse c’è davvero un incantesimo su quel palazzo.» Disse a sua volta Elia.
«Già.» Concluse Trys. Poi non parlarono più per tutto il tragitto.

Arrivati ai Giardini dell’Acqua, Trys disse di essere stanco e si rifugiò nelle sue stanze. Si buttò sul letto e si mise a fissare il baldacchino. Sentì un rumore stridulo, ma non ci fece troppo caso. Però, poi, il suono si ripeté. E poi un’altra volta più forte. Sembrava un pigolio. «Ma è...!» Trys saltò giù dal letto e corse a inginocchiarsi alle tinozze. Nella tinozza interna stava un pulcino tutto bagnato sporco di cenere. Trystane si alzò e uscì dalla stanza gridando felice. «Maestro Phillas. Maestro Phillas.»

Maestro Phillas osservò attentamente il neonato uccellino. Ora che era asciutto mostrava già un leggero piumaggio di color rosso-oro, come l’uovo. Il maestro sembrava altrettanto interessato alle ceneri.
«Non so come sia potuto succedere. Non penso che le stoffe abbiano potuto prendere fuoco.» Disse Trystane. Il maestro alzò lo sguardo verso di lui, annuì, ma non disse nulla.
Erano arrivati anche Elia e Ferio ad ammirare il pulcino. Anche ser Guascoyne sembrava incuriosito.
«Che bello che è. Hai già pensato a che nome dargli?» Chiese Elia, quasi che il nome fosse la cosa più importante.
«Ci sto pensando, ma non so ancora. Pensavo a...» Trys non fece in tempo a terminare la frase, poiché fu interroto dal maestro che era giunto alla sua conclusione.
«È una fenice.» Stabilì.
«Una fenice?» Ripeté Ferio.
«Ma la fenice è un mito. Non esiste.» Disse Trys.
«Il colore rosso dorato. Le ceneri nella tinozza. Non vedo altre spiegazioni.» Tirò corto il maestro.
«Ma cos’è una fenice?» Cercò di informarsi Ferio.
«La fenice è un uccello leggendario. Vive 500 anni e poi muore in un rogo, per rinascere inseguito dalle proprio ceneri.» Spiegò Phillas.
«Ma questo è nato da un uovo.» Insistette Trys.
«Sì, gli ucelli nascono dalle uova.» Ribatté il maestro. «Alcuni maestri sostengono che la fenice dopo aver concluso la sua vita nelle fiamme regredisca in un uovo.»
«Ma noi l’abbiamo trovato in quel tempio.»
«Non so dove l’avete trovato, ma di certo era stata lasciata li da qualcuno per molto tempo.» Poi fece una pausa. «C’è una leggenda in oriente, che sostiene che il mondo è protetto da quattro guardiani, ognuno per ogni angolo del mondo. Il guardino dell’ovest è la tigre bianca, il guardiano del nord è la tartaruga nera, mentre il guardiano dell’oriente è il drago e infine il guardino del sud è la fenice. Hanno il compito di proteggere il mondo. Quando ritornano vuol dire che disgrazia sta per arrivare.» Il maestro raccontava, come si raccontava una favola. Ma Trys fu molto colpito da quella leggenda e non faceva che fissare il giovane uccellino.
«Che tipo di disgrazia?» Si intromise ser Guascoyne che fino adesso aveva ascoltato appartato.
«Non lo so. Alla suburra di Lancia del Sole, però, circolano strane voci.» Rispose il maestro.
«Che genere di voci?» Chiese Elia.
«C’è chi dice che a oriente, nell’estremo oriente, un drago si sia risvegliato, altri persino tre. Sono solo sciocchezze, anche se questo strano uccelli mi fa sorgere dubbi.»
«Il guardiano dell’est, giusto?» Chiese Elia.
«Sì, sì, ma è solo una leggenda.»
Trystane prese delicatamente in mano il piccolo uccellino, che pigolava vivace, e lo sollevò davanti a gli occhi. “No, tu non sei una leggenda. Noi salveremo il mondo.”








Ser Arthur Dayne
00venerdì 31 ottobre 2008 14:05
Wow! [SM=x204885] [SM=x204885]

Senza parole..

davvero bellissimo!!! [SM=x204884]
exty
00venerdì 31 ottobre 2008 16:00
Bravissimo come sempre! [SM=g8902]

Le descrizioni sono ben fatte, leggendo ti sembra veramente di trovarti in quel luogo idilliaco, il tempio (e in una giornata uggiosa aiuta!); per non parlare della frutta...mi hai decisamente fatto venir fame hihi.
Garlan2
00lunedì 3 novembre 2008 20:34
Mi si dice che si teme che io abbia un doppio account. Eheh, non vedo che utilità avrei ad averne due. E non credo che posterei i miei pdv da Trystane come Garlan2 hihi. Ero semplicemente indeciso se fare Renly o Trystane nella prossima partita allora tanto per provare chi era più facile scrivere ho iniziato un pdv. Solo che dopo ho deciso di lasciar perdere il principino, quindi ho postato e chiaramente ho postato fuori dai pdv della seconda partita, perché questo non centra niente con nulla.
Giunk
00venerdì 5 dicembre 2008 13:00
Re:
Garlan2, 03/11/2008 20.34:

Mi si dice che si teme che io abbia un doppio account. Eheh, non vedo che utilità avrei ad averne due. E non credo che posterei i miei pdv da Trystane come Garlan2 hihi. Ero semplicemente indeciso se fare Renly o Trystane nella prossima partita allora tanto per provare chi era più facile scrivere ho iniziato un pdv. Solo che dopo ho deciso di lasciar perdere il principino, quindi ho postato e chiaramente ho postato fuori dai pdv della seconda partita, perché questo non centra niente con nulla.




Non Sansa?? ghhgh [SM=g8891]
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:27.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com