piccolo problema

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Djfalco.
00mercoledì 26 gennaio 2005 16:38
a scuola in storia sto studiando il nazismo e dovrei fare una ricerc sulla biografia di adolf hitler e di benito mussolini, ho trovato questo sito di biografie e se andando in basso si trovano entrambe
ma a me serve copiarle
non riesco a evidenziare solo quelle due chi mi aiuta.
p.s. le altre le riesco a evidenziare
pps che sfiga
ppps se ci riuscite voi me le copiate e le spedite a djfalco91@hotmail.com se l'indirrizo non appare chiedetelo a donia
PhoeniXXX
00mercoledì 26 gennaio 2005 17:07
da explorer vai su visualizza--->html e copi il testo.
Djfalco.
00mercoledì 26 gennaio 2005 20:13
provaci tu a me non da neanche quel comando
PhoeniXXX
00giovedì 27 gennaio 2005 09:56
Re:

Scritto da: Djfalco. 26/01/2005 20.13
provaci tu a me non da neanche quel comando



ma che dici. che explorer hai?[SM=x39910]

apri explorer, vai sulla barra dei menù clicca su visualizza, scenderà una tendina tra cui la voce html. possibile che non ci riesci?
Djfalco.
00venerdì 28 gennaio 2005 19:04
no ci riesco ho fatto una prova sul forum qui e tutto aspposto però li non melo da
Shin W.
00venerdì 28 gennaio 2005 20:54
HITLER
ha compiuto 44 anni quando il 31 gennaio del 1933 sale (lo mettono) al
potere.  Per destino é nato a Braunau am Inn, una città sul fiume
bavarese, un corso d'acqua che la divide da due millenni (città nata
da un castro romano di Augusto-Druso-Germanico sulle due sponde, forse con la
funzione di villaggio cuscinetto arretrato dai <i>limes </i>romani nel vicino
Danubio). Caduto l'impero romano, passate le bufere delle invasioni dei barbari,
quelle successive dei carolongi determinarono le nuove spartizioni, e dall'anno
976 il fiume, e così il ponte, continuò a separare la Germania dall'Austria
(Ostmark).&nbsp;&nbsp;<br>
A Braunau, al di qua e al di là del ponte, si parla da sempre la stessa lingua,
la&nbsp; tedesca, anzi lo stesso dialetto. Ogni abitante della città - separata
sola da un ponte (il padre di Hitler -in gioventù ex mugnaio, ex calzolaio infine
impiegato statale- ci lavorava come doganiere) sogna fin dalla culla di vedere
riunita Braunau in un unica città e sotto un unica nazione: cioè la Germania.&nbsp;Con
la Vienna asburgica non ci fu mai una consonanza.&nbsp;<br>
<br>
Ogni cittadino di Braunau da secoli aspetta che nasca un condottiero che finalmente
elimini quell'odioso confine (in mezzo al ponte) che non ha mai rispettato la
volontà degli abitanti delle due sponde (molto spesso anche parenti). Ma lo
sta aspettando quel condottiero da duemila anni!&nbsp;<br>
Mai sentita tanta simpatia per Vienna lontana, e a loro volta gli Asburgo (con
la cosiddetta <i>Wienertum,</i> quella orgogliosa&nbsp; superiorità culturale
di cui i viennesi hanno coscienza e che li differenzia (dicono loro) dal resto
dell'Austria) riservavano poche attenzioni a questa terra posta a Ovest, che
paradossalmente è chiamata Austria Superiore, mentre quella a Est -la viennese-
Austria Inferiore.&nbsp;<br>
Del resto per molti secoli, in età romana e nel medioevo, i territori dell'Austria
di oggi -quella disegnata sulla cartina da Wilson- non formarono mai una compatta
unità statale, proprio perchè non omogenei sul piano etnico, per la presenza
di germanici, latini e slavi. <br>
Carlo Magno sulla fine del sec. VIII costituì la Marca Orientale (Ostmark -
e usò ancora quel limes romano) proprio per fermare le popolazioni che provenivano
da sud e da est (tribù di turchi e irano-caucasici), poi dal 976 con la casa
dei Babemberg il confine divenne per secoli la trincea avanzata del mondo cristiano.
Gli Asburgo sempre più custodi dell'ortodossia cattolica non solo continuarono
l'opera iniziata dai Babemberg, ma a partire dal '300 s'impadronirono della
Carinzia (per le miniere), poi del Salisburghese (quest'ultimo per un certo
periodo fu della Chiesa) e del Tirolo.&nbsp;&nbsp;<br>
Per questo motivo si crearono due diverse amministrazioni, ma nel 1518 con una
dieta a Innsbruck di Massimiliano i nuovi territori furono costretti controvoglia
a riconoscere l'unità del paese. Una poco spontanea unione che di fatto non
avvenne nemmeno con le riforme di Maria Teresa, che anzi accentrò e accentuò
tutto il potere a Vienna. Rimase così l'Austria Superiore un territorio assai
omogeneo, molto germanizzato, ma con una forte tendenza a guardare a nord (dove
proprio ai tempi di Maria Teresa stava nascendo la Zollerverein (ma M.T. non
aderì), il nazionalismo e la potenza politico-economica prussiana), e non a
guardare a Vienna che si adoperava e si affannava a Est (che fu poi l'origine
di tante sue disgrazie, e anche la fine dell'impero).&nbsp;<br>
E se prima questi territori a ovest erano stati abbandonati e lasciati solo
sopravvivere di pastorizia, con il crollo dell'impero -politicamente- venne
il peggio. Linz, Salisburgo, Braunau, guardavano alla confinante Bavaria, a
Monaco e non a Vienna. (Hitler considerava la capitale &quot;la parassita, e
che i funzionari bisognava mandarli a pascolare le vacche&quot;. Il suo infelice
soggiorno di barbone nella grande opulenta e godereccia capitale, senza una
lira in tasca, fece poi il resto).&nbsp;<br>
<br>
Insomma da Cesare ai <i>limes </i>di Marco Aurelio e così per altri 1700 anni
nelle più di cento spartizioni della storia, una unione non era mai avvenuta,
nemmeno nell'ultimo conflitto ('15-'18) quando sui territori delle potenze vinte,
Wilson tracciò le sue<i> linee</i> sul crollato Impero Asburgico, e lasci&ograve;
immutata la atavica delusione nei cittadini di Braunau; un astio dentro il loro
sangue e nei loro geni.<br>
(come oggi del resto accade in Irlanda, in Serbia, in Kosovo, fra i Baschi e
tanti altri).<br>
<br>
Anche Hitler che vi era nato, nel suo Dna se lo portò dietro quel rancore, fin
quando scartato dall'esercito asburgico, allo scoppio del Prima guerra Mondiale,
volle diventare tedesco e andare a combattere per la Germania; poi diventato
il Fuhrer nel '38, il 12 marzo, invase l'Austria e abolì il confine lui stesso,
di persona, con la città che impazziva dalla gioia. Nella storia nessuno era
stato capace, lui sì, ed era addirittura nato proprio in quella città, in quella
casa che esiste ancora, oggi usata come <i>Volsksbucherei </i>( Biblioteca pubblica).
<br>
<br>
ADOLF HITLER dunque a Braunau am Inn, nel 1889, nasce in questa casa abitata
da un doganiere; in gioventù ex calzolaio e prima ancora aiutante mugnaio in
casa di suo zio </strong></font><strong><font SIZE="4" face="Arial Narrow">
Johann Hutler, fratello di Georg, (nonno di Hitler) che quando firmava usava
però il cognome storpiato in Hiedler.&nbsp;<br>
Si chiamava Alois quel doganiere, ed essendo figlio illegittimo portò nei primi
trentanove anni della sua vita il cognome della madre, Schickgruber.&nbsp; Sua
moglie che gli partorirà poi Adolf, era Klara Poelzl, figlia di una figlia di
Johann (senza figli maschi), maritata Poelzl, quindi una cugina di Alois. Infatti
il cognome era sia dei genitori di Klara che di Alois:&nbsp; Hutler e Hiedler,
i due fratelli mugnai di Spital.</font><font color="#000080" size="4" face="Arial Narrow"><br>
<br>
Nativo dunque&nbsp; Adolf Hitler di una zona (fin dai <i>limes </i>Romani<i>)</i>
la cui presenza di ariani Arii indoeuropei era ed è bassissima.&nbsp;<br>
(<font color="#800000">per quanto riguarda l'abusata parola &quot;Ariani&quot;
questa non&nbsp; ha nulla a che vedere con gli &quot;Ariani di Ario&quot;</font></font><font color="#800000" size="4" face="Arial Narrow">)<br>
</font><font color="#000080" size="4" face="Arial Narrow"> ( <a href="../anno336.htm">VEDI
ANNO 336</a> )<br>
<br>
&nbsp;Anzi sembra che lui stesso - Adolf Hitler- da parte di padre fosse di
origine semitica ebrea, infatti&nbsp; il padre Alois era il figlio di una serva
non proprio giovane (Maria Anna Chicklgruber) che era stata messa incinta da
un ricco commerciante che sappiamo era ebreo, Frankenberger, o forse ingravidata
da suo figlio ventenne. Comunque o padre o figlio dovevano essere indubbiamente
i responsabili di questa indesiderata maternità,&nbsp; perchè poi alla nascita&nbsp;
(1832) si presero infatti cura del bambino (Alois, futuro padre di Hitler) e
pagarono una retta mensile alla ex serva fino a quando il frutto della loro
colpa ebbe quattordici anni (un comportamento che significa, sembra&nbsp; chiaro,
che era stato uno dei due a ingravidarla). Questa donna cinque anni dopo finì
poi di fare la contadina nel villaggio di Strones. Aveva già 47 anni (Alois
5)&nbsp; quando conobbe e sposo'&nbsp; il 7 giugno 1837&nbsp; Georg Hiedler,
cinquantenne un mugnaio ambulante, che o per non fargli perdere la retta dei
Frankenberger&nbsp; o per sue altre ragioni non si curò di legittimare il figliastro
- come avveniva di solito quando ci si sposava.<br>
<br>
Dopo dieci anni, nel 1847 Anna Chicklgruber morì, e il bambino Alois, ormai
quindicenne finì a Spital&nbsp; nel Waldviertel, in casa del fratello del patrigno
George </font><font SIZE="4" face="Arial Narrow">Hiedler, il mugnaio Johann,
che però - diversamente dal fratello- si firmava solitamente con il cognome
Hutler, proprietario da quattro generazioni del mulino e del podere numero 37
a Spital, un borgo che contava in totale 144 abitanti.<br>
Georg Hiedler dopo la morte della moglie, vi accompagna il ragazzino (Alois)
non suo, lo sistema dal fratello e poi sparisce dalla circolazione per trent'anni.
Ma ricompare a Spital ormai ottantaquattrenne, il 6 giugno del 1876 stranamente
per legittimare il figliastro Alois ormai già quarantenne, che non viveva nemmeno
più a Spital, pur mantenendo i contatti con la casa dello zio e quindi con le
nipoti e le cugine.<br>
<br>
Una ragione di questo ritorno a Spital, per il prodigo Georg Hiedler patrigno
c'era, ed era quella di poter accedere all'eredità lasciata da suo fratello
mugnaio, morto senza lasciare eredi maschi. Si diede da fare e nello stesso
anno, il 23 novembre&nbsp; alla parrocchia di Dollerstein il parroco cancellò
il nome di Alois Chicklgruber dal registro battesimale sostituendolo con quello
di Alois &quot;Hitler&quot;; così infatti il parroco scrisse il nuovo cognome
(invece di Hutler o Hiedler) che servì subito dopo - con un estratto della parrocchia-
per redigere l'atto notarile per venire in possesso dell'eredità.<br>
(i documenti sono tutt'oggi visibili alla parrocchia di Dollerstein).</font><font color="#000080" size="4" face="Arial Narrow">
</font></strong></p>
<p align="center"><strong><font color="#000080" size="4" face="Arial Narrow"><img src="hitler01.jpg" width="140" height="176"><br>
Torniamo indietro. ALOIS Chicklgruber (ora con il cognome Hitler) dopo la morte
della madre era -come detto sopra- cresciuto alcuni anni in casa dello zio mugnaio,
poi a 18 anni era partito per Vienna per arruolarsi nella polizia di frontiera.
Diventato doganiere prese servizio a Braunau, e qui&nbsp; aveva&nbsp; poi sposato
la figlia di un suo collega, una certa Anna Glasl Horer che aveva quattordici
anni più di lui, ma il matrimonio&nbsp;dopo sedici anni fallì; nel 1880 si separarono,
e tre anni dopo, nel 1883 la donna morì lasciando il marito finalmente libero
di risposarsi.<br>
<br>
Infatti, Alois Chicklgruber&nbsp; prima che morisse la moglie come si &egrave;
detto si era già separato e si era messo insieme con una cuoca di una locanda,
Franziska Matzelsberger, e da lei nel 1882 aveva avuto già un figlio Alois jr.
(gli diede il suo stesso nome) - e che diventerà successivamente il &quot;fastidioso&quot;
fratellastro di Adolf (*). Appena un mese dopo la morte della moglie, sposò
Franziska mentre era nuovamente incinta; infatti tre mesi dopo gli partoriva
una figlia, Angela (che diventerà così sorellastra del futuro Adolf). Ma subito
dopo anche Franziska nello stesso anno morì di tubercolosi.<br>
<br>
<font color="#5D5D5D">((* Singolarità su Alois jr. - Nel 1910 sposò una inglese,
Elizabeth Dowling (1889-1969) che l'anno dopo mise alla luce William. Questo
nipote fino al 1930 ebbe alcuni contatti con lo zio Adolf (che odiava suo padre
per la sua vita non proprio irreprensibile)&nbsp; ma poi improvvisamente nel
1939 emigrò negli Stati Uniti, e qui si presentò nel 1940 a quelle prime iscrizioni
volontarie in previsione del coinvolgimento degli Usa nel conflitto, e quindi
pronto andare a combattere in Europa, ma fu respinto per opportunità politica
quando al distretto balzò agli occhi il suo nome e ovviamente la sua stretta
parentela con il Fuhrer. Ma al rifiuto lui non si arrese, ostinato, scrisse
addirittura una petizione al presidente Roosevelt. Se ne interessò l'FBI, che
lo tenne per quasi tre anni sotto controllo, poi finalmente nel 1944, il ventitreenne
William fu arruolato nella marina militare e finalmente riuscì a combattere
sotto la bandiera americana contro le armate di suo zio in Europa).</font><br>
<br>
&nbsp;Con la morte di Franziska, Alois rimase nuovamente solo. Aveva allora
48 anni e non aveva mai rotto i rapporti con i parenti di Spital. Infatti durante
il matrimonio con la prima moglie, prima ancora di ricevere nome e l'eredità
dallo zio Johann si era preso in casa una ragazzina di quindici anni, Klara
Poelzl; <br>
<img src="hitler02.jpg" width="140" height="178"><br>
era una sua nipote, perchè figlia di una figlia di suo zio mugnaio </font><font SIZE="4" face="Arial Narrow">
Johann</font><font color="#000080" size="4" face="Arial Narrow">, maritata Poelzl.&nbsp;<br>
Alla morte della seconda moglie di Alois, Franziska, la ragazzina Klara aveva
25 anni, Alois sei mesi dopo, chiedendo una speciale dispensa vescovile (assurda
la consanguineità perchè portava il nome ma non era un discendente diretto degli
</font><font SIZE="4" face="Arial Narrow"> Hutler/Hiedler ma solo adottato)</font><font color="#000080" size="4" face="Arial Narrow">,
il 7 gennaio del 1885 Alois sposava quella che sarebbe diventata poi la madre
di Adolf Hitler, terzo di cinque figli. Tre morirono in tenera età, mentre sopravvisse
al noto fratello solo la quinta e ultima figlia, Paula (morta nel 1960).<br>
<br>
Adolf nasce alle sei e mezzo di sera del 20 aprile del 1889 al Gasthof zum Pommer,
una locanda di Braunau, la città adagiata sul fiume Inn che divide in due la
città e la sua popolazione di lingua tedesca.&nbsp; Una ossessione questa frontiera
austro-tedesca, perchè gli abitanti di entrambe le due sponde hanno sempre bramato
di appartenere a una medesima nazione, perché parlano lo stesso dialetto bavarese,
che a Vienna nemmeno capiscono.<br>
<br>
Nello stesso anno (1895) papà Alois all'età di cinquantotto anni&nbsp; va in
pensione e si ritira in una modesta casa a Leonding vicino a Linz,&nbsp;e iscrive
alla scuola del villaggio di Fishlmann, il figlio Adolf, che all'epoca aveva
compiuto sei anni&nbsp;<br>
<br>
HITLER cresce, va a scuola, poi già a 12 anni si oppone al padre nel proseguire
gli studi (&quot;<i>Non volevo fare l'impiegato come lui desiderava, mai e poi
mai</i>&quot[SM=x39854] e la spunterà come vedremo più avanti. Aveva ottenuto la licenza
di quinta elementare (suo compagno di banco era il grande filosofo WITTGESTEIN!!)
poi si era iscritto alla scuola media, ma svogliato com'era ci rimase molto
poco, fino a quando i professori inviarono al padre una brutta nota &quot;<i>non
ha attitudine allo studio</i>&quot;. Il ragazzo si sentì umiliato ma nello stesso
tempo libero, perchè il giudizio negativo gli servì per convincere così il padre
a rinunciare alla scuola per dedicarsi solo alla sua passione: la pittura. Il
ragazzo ha questa ambizione: vuole diventare un artista!<br>
<br>
Il padre si opponeva continuamente <em>&quot;fin quando io vivrò, il pittore
mai!&quot;</em> -&nbsp; Ma dopo averlo detto, visse poco; lui andava a taverne,
e due anni dopo il figlio lo trovò sotto il tavolo di una di queste, morto stecchito.
Adesso era libero. Nel ricordarlo,<i> &quot;Lui dubitava della mia intelligenza&quot;</i>
dirà in seguito suo figlio.<br>
<br>
A sussidiarlo più che a sostenerlo nella sua ambiziosa scelta c'è la madre.
Rimasta vedova con una discreta pensione&nbsp; riuscì a finanziarlo con qualche
soldo quando il ragazzo nel 1907 partì per la prima volta già diciottenne e
con belle speranze&nbsp; per Vienna, alla ricerca di successo come artista.<br>
Come pittore è piuttosto mediocre, è un autodidatta, e di cultura sa che ne
ha poca, ma è ostinato ed è convinto di farcela.</font><font size="4" face="Arial Narrow"><font color="#000080"><br>
<br>
Quando dirigerà le grandi armate sul Volga (3-marzo-'42) ai suoi generali giustificherà
le sue lacune scolastiche e i tanti errori linguistici, dicendo &quot;<em>quei
professori erano dei somari, la loro apparenza esteriore trasudava sporcizia....Erano
il prodotto di un proletariato privo di ogni indipendenza di pensiero; caratterizzati
da una ignoranza senza pari...Ci volevamo imbottire il cervello allo scopo di
trasformarci in scimmie come loro...Ed è tragico pensare che tale puerile gente
abbia avuto il potere di sbarrare l'avvenire di un giovane come me che aveva
- come potete notare - le qualità di condottiero della futura Europa</em>&quot;
(non era ancora arrivata la cocente disfatta a Stalingrado).<br>
Solo di un professore di storia aveva un buon ricordo; e lo andò anche a trovare
quando entrò trionfalmente in Austria. Chissà cosa gli raccontava per attirare
l'attenzione di questo svogliato e ribelle allievo. Degli altri invece non aveva&nbsp;
dimenticato cosa avevano detto di lui.<br>
<br>
&quot;Era insofferente, un ribelle&quot;, diranno i suoi professori in tempi
ancora relativamente quieti. Uno di essi fu perfino chiamato a Monaco nel '23
per testimoniare al processo del <em>&quot;sedizioso individuo&quot;</em> accusato
di <em>&quot;tradimento contro lo Stato&quot;</em> dopo il fallito <em>&quot;Putch
della birreria&quot;</em>. Questo istitutore chiamato in tribunale, di Hitler
non fece un quadro simpatico; disse davanti ai giudici che era un testardo,
un attaccabrighe, un presuntuoso, un insofferente alla disciplina, quindi già
allora un ribelle. Non gli fece insomma un favore.<br>
<br>
Ma quel processo a Hitler (che raccontiamo in altre pagine) fu un grosso errore
del governo. Invece di danneggiarlo fu il suo trionfo. Il quasi sconosciuto
ribelle di Monaco era finito su tutti i giornali; e tra le righe i commentatori
(visto che l'argomento &quot;tirava&quot;; nell'inconscio collettivo era sentito
un po' da tutti) riportavano proprio quelle frasi che molti tedeschi volevano
leggere e sentirsi dire, ma non osavano dire. <br>
Quando l'ex allievo giunse al potere, e nel 1938 invase l'Austria, ed entrò
a Vienna, quei professori che avevano sparlato di lui li andrà a scovare uno
per uno.<br>
<br>
Testardo, dopo l'abbandono della scuola lo divenne ancor di più quando iniziò
a leggere, divorando libri su libri e a dipingere. La&nbsp; pittura era la sua
passione! A 18 anni&nbsp; dunque, nel 1907, l'ambizione all'arte lo porta a
Vienna,&nbsp; ma all'esame per iscriversi all'Accademia di Belle Arti è bocciato
per &quot;scarsa attitudini&quot;, <i>&quot;Prova di disegno: insufficiente&quot;</i>;&nbsp;
il ragazzo registra il suo primo cocente fallimento.<br>
<br>
Tornato a casa, sconfitto ma non vinto, lavorò un intero anno, poi si ripresentò
all'Accademia convinto questa volta di farcela. Ma non fu nemmeno ammesso agli
esami, i disegni presentati furono tutti &quot;bollati&quot; a margine con un
plateale &quot;<i>mediocre</i>&quot;, &quot;<i>mediocre</i>&quot;, &quot;<i>mediocre</i>&quot;.
Ostinato, Hitler&nbsp; chiese spiegazioni e i docenti lo consigliarono di darsi
all'architettura. Ma il mancato artista non aveva gli studi necessari per iscriversi,
non aveva finito neppure le medie, quindi davanti a sè non aveva nessuna strada,
nè arte e nè parte; non un mestiere, e nemmeno l'attitudine a iniziarne o a
farne uno.<br>
Nè poteva più contare sui soldi della madre, il 21 dicembre del 1908 gli moriva.
Addio all'aiuto finanziario. Rimasto senza un soldo a Vienna, un amico muratore
gli trovò un posto in una impresa edile a fare il manovale, ma Hitler per convivere
con i suoi colleghi di lavoro doveva iscriversi come tutti al sindacato di sinistra;
lui rifiutò e fu messo in condizione di licenziarsi.&nbsp;<br>
<br>
E' il 1909. Hitler ha vent'anni. E' solo, è un &quot;artista&quot; umiliato,
non ha un mestiere,&nbsp; ed è senza soldi, dentro la monumentale Vienna di
questo periodo; una città metropoli borghese, gaia, gioiosa, godereccia con
i suoi valzer di Strauss in ogni angolo. Hitler lo troviamo per 5 lunghi anni,
disoccupato, frustrato, a spalare neve, a fare il facchino abusivo alla stazione,
il muratore, l'imbianchino, il cartellonista; ma sempre occasionalmente, quindi
con pochi risultati economici;&nbsp; infatti viene anche sfrattato da una misera
stanza che occupava, che per&ograve; non riusciva pagare. Ne trova un'altra
al quartiere di Alsergund,&nbsp; ma poco dopo sempre per mancanza di soldi finisce
in mezzo alla strada.<br>
Hitler emigra&nbsp; nello squallore del dormitorio pubblico del rione Meidling,
mentre per mangiare una minestra va nella mensa dei poveri del convento dei
Fratelli della Carità.&nbsp;<br>
(quella stanza dov'era stato sfrattato era al n. 34 della Schellesserheimerstrasse,
più avanti al n. 106, abitò per un certo periodo LENIN (nel 1902 aveva già scritto
&quot;Che fare?&quot;, ed era in esilio dopo la guerra civile in Russia del
1905) in una stanza lurida come quella di HITLER. Nessun viennese avrebbe potuto
immaginare, e nessun chiaroveggente fare una profezia, che nello spazio di quaranta
metri, dentro due anguste stanzette, alimentandosi con lo stesso pane che vendevano
all'angolo della <i>strasse, </i>i cervelli di due barboni si stavano formando
sui libri rivoluzionari, per poi maturare due apocalittici progetti; uno a sconvolgere
metà pianeta con una rivoluzione, l'altro a mettere a soqquadro invece l'intero
pianeta).<br>
<br>
Hitler - racconterà un suo collega barbone- assomigliava a uno &quot;spettro&quot;
tanta era la fame che aveva addosso, ma non era traviato, non era dedito a nessun
vizio nonostante la giovane età e la sua vita randagia; non fumava (per risparmiare
dirà in seguito <em>&quot;quando mi accorsi che con i soldi di un pacchetto
di sigarette potevo comprarmi del burro&quot[SM=x39854]</em>, non beveva alcolici, e
per la sua innata timidezza pochi erano i rapporti con l'altro sesso. Del resto
non curava affatto la sua persona, barba e capelli sempre lunghi, con&nbsp;
addosso in inverno una sgualcito cappotto nero regalatogli da un ebreo che vendeva
vestiti usati, che forse fu una contropartita per aver dipinto Hitler dei cartelloni
pubblicitari per il suo negozio.<br>
<br>
HITLER tenta di vivere alla giornata vendendo piccoli disegni, acquerelli grossolani,
cartelloni pubblicitari per i bottegai, che alcuni &quot;<i>grassi salumieri
mi disprezzavano&quot;</i>. Intanto sui Ring e nei caffè la ricca borghesia
spendeva&nbsp; la sua vita nei piaceri. Dirà poi: &quot;<i>il ricordo più' triste
e infelice&nbsp; che ho di Vienna è ricordare quella gente felice</i> <i>di
Vienna</i>&quot;. Per gli altri, Vienna in quegli anni era un sogno, della vita
e dei propri piaceri. Ovunque c'era la musica nell'aria, nei Ring, nei parchi,
nelle case opulenti. Nei teatri affollati le sublimi musiche di Mozart, Beethoven,
Schubert, ma era soprattutto quella di Strauss che dominava ogni angolo, in
ogni caffè, in ogni festa; era quella che cullava non solo il Danubio Blu ma
anche l'opulenza.&nbsp; Era la Provvidenza - dicevano i ricchi- che aveva toccato
con mano la bellissima città stesa lungo il mitico corso d'acqua. Lo era per
gli altri un dono di Dio, ma per Hitler da quando si alzava al mattino era un
incubo: &quot;<i>la fame, era la mia fedele compagna e divideva con me ogni
cosa, la mia esistenza era una lotta continua con questa spietata amica che
mi era sempre accanto</i>&quot; e ancora &quot;<i>A Vienna io non ho conosciuto
il significato della bella parola &quot;gioventù&quot;.</i><br>
Ma oltre che i libri ama anche lui come tutti i viennesi la musica, ma non quella
di Strauss, ma quella eroica di Wagner. Già a 12 anni quand'era a Linz, assistendo
a un'opera del grande compositore era stato ammaliato e turbato dalla sua musica.
A Vienna non gli mancano le occasioni; per trenta volte va ad ascoltare dal
loggione o in piedi il <i>Tristano e Isotta</i>. Ne è infatuato. (ci ritorneremo
poi sopra su questo argomento -su Wagner-&nbsp; che ha direttamente e indirettamente
una enorme influenza su Hitler).&nbsp;<br>
<br>
Dunque cinque lunghissimi anni di miseria e di desolazione dentro una città
con due milioni di abitanti, che contava un milione di salariati ed era il centro
di un impero abitato da cinquantadue milioni di sudditi. Una Vienna ricca, la
più opulenta e la più colta capitale d'Europa. Hitler é pigro, non aspira a
un lavoro fisso, si sentirebbe declassato dentro un anonimo proletariato, quindi
preferisce un lavoro occasionale e vagabondo, del resto altro non potrebbe fare.
Ma non é affatto pigro sui libri, é un lettore incallito (come Mussolini che
nello stesso periodo ha sei anni più di lui) si butta a capofitto e si accanisce
a divorare libri e libri di politica rivoluzionaria. Idee che già cominciavano
da alcuni anni a inquietare l'autocrazia degli Asburgo, la piccola e la media
borghesia e lo sterminato numero di funzionari parassiti (lo dirà in seguito
anche Robert Musil in <em>L'uomo senza qualità</em>)). Politica rivoluzionaria
che&nbsp; già aveva dato vita a un discreto partito politico: il socialdemocratico;
e si erano formati i sindacati lavoratori con dentro i primi fermenti che stavano
lievitando non solo a Vienna ma in tutta Europa.<br>
<br>
Una droga per lui quei libri e quegli opuscoli, pieni di idee democratiche,
progetti rivoluzionari o anarchici,&nbsp; provenienti da una Vienna povera,
da gente denutrita (questa anche nella gaia capitale asburgica c'era, ma la
si ignorava),&nbsp; malvestita e abitante nei tuguri come quelli dove lui andava
a dormire. Letture le sue che erano il classico cibo di un emarginato arrabbiato.
Forse non cogliendo il contingente da quelle pagine, ma catturando solo l'essenziale
necessario alla sua indole; letture ideali per ricacciare dentro la fame e l'odio
che doveva provare in mezzo ai grandi magnifici palazzi della Vienna Imperiale.&nbsp;<br>

Shin W.
00venerdì 28 gennaio 2005 20:54
Diventato Fuhrer, non dimenticò nemmeno un istante quello che la città gli aveva
negato. Qualcosa&nbsp; aveva accennato sul Mein Kampf, ma ci ritornò spesso
con odio e rancore su questi tristi ricordi di cinque anni di miseria passati
a Vienna.<br>
<br>
Lo esternò infatti poi con dichiarato disprezzo, vendicandosi con tutta l'Austria,
e perfino con i professori che avevano avuto l'impudenza di averlo bollato &quot;mediocre&quot;.
Li scovò uno per uno! E si vendicò umiliandoli, mentre ad alcuni fece loro terra
bruciata con l'impiego, la casa, la vita. E la sua ossessione, l'atavico confine
a Braunau, sul ponte, andò a spazzarlo via di persona! Lui, il figlio del doganiere,
ex calzolaio, che riuniva non solo Braunau, ma riuniva due popoli in uno. Una
grande orgogliosa apoteosi nel suo intimo ma palese nel volto e nell'animo dei
suoi cittadini in un delirio senza limiti.<br>
<br>
Ma torniamo al 1913, quando&nbsp; Hitler lascia l'Austria per stabilirsi in
Germania a Monaco. Lo fa per un motivo: per sfuggire alle varie notifiche che
gli inviano a casa, per la leva militare (come Mussolini); lui non vuol fare
di certo il militare per quei &quot;parassiti di Vienna&quot;. Ma non sfugge
alla polizia; nel gennaio del 1914 viene bloccato in Baviera, e deve presentarsi
al distretto. Fughe e sotterfugi sono stati tutte inutili perchè i gendarmi
e i medici alla visita appena lo vedono comparire, il 5 febbraio, neppure lo
visitano, bast&ograve; un occhiata e lo mandarono a casa &quot;riformato&quot;;
inabile perfino al servizio ausiliario, perchè il coscritto era gracile nel
fisico, denutrito e mal ridotto nell'intero aspetto da sembrare un tisico. Hitler
invece di essere contento, quel rifiuto è una ferita al suo orgoglio, la sua
forza lui l'ha dentro non nel fisico.<br>
<br>
Ma arriva Giugno. Attentato di Sarajevo.&nbsp; E' l'inizio della Grande Guerra,
lui ha 25 anni. E' ora un interventista, come il Mussolini dell'ultima ora.<br>
L'Austria arrogante, troppa sicura di sé inizia le ostilità in luglio, ma per
Hitler&nbsp; nell'esercito asburgico non c'è posto. La Germania entra nel conflitto
il 1° agosto con un Guglielmo II&nbsp; in delirio per la gioia di intervenire
in guerra a fianco dell'Austria. Il suo discorso eccita i tedeschi e galvanizza
Hitler, che il 3 agosto scrive direttamente a re Luigi III di Baviera per offrirsi&nbsp;
volontario pur essendo di nazionalità austriaca, ma come abbiamo appena letto
<em>scartato</em>. La singolare richiesta fu accolta, e già in ottobre partiva
per raggiungere il 16° reggimento di fanteria in partenza per le Fiandre. Cioè
al di là di quel Reno tanto celebrato dal suo musicista preferito con il mito
degli eroi dei Nibelunghi.<br>
Quindi il grande evento della guerra lo entusiasma, lo eccita, e arringa e sprona
i suoi compagni a combattere per fare &quot;grande la Germania&quot; <i>&quot;uber
alles in der Welt&quot;</i>, &quot;sopra tutto nel mondo&quot;.&nbsp;<br>
<br>
Non fa proprio politica - perchè è ancora un confusionario- ma vorrebbe farla.
A introdurlo ci pensa un giovane ufficiale anche lui volontario dopo aver abbandonato
i corsi di filosofia all'Università di Monaco: è Rudolf Hess che è un appassionato
di geopolitica, a quel tempo una dottrina e una scienza tutta nuova che Hess
volentieri spiega all'attento uditore. E' per Hitler un'altra attrazione, e
in breve tempo l'allievo supererà il maestro. Hess lo ritroveremo primo suo
collaboratore; subì il carcere con lui partecipando al putsch di Monaco, nel
1933 è ministro, poi suo vice, e dal 1939 secondo successore ufficiale dopo
Goring. Poi l'oscuro episodio nel maggio del 1941, quando fuggì in Inghilterra
con scopi non chiari. (un fantomatico approccio con gli inglesi per una resa.
Gli inglesi lo ritennero un millantatore e lo stesso Hitler lo sconfessò dichiarandolo
pazzo). Tuttavia finì male ma non con la corda al collo. Al termine del conflitto
Hess fu arrestato e condannato all'ergastolo (insieme ad altri sette che scamparono
all'impiccagione) al processo di Norimberga; l'accusa di pazzo gli venne utile;
gli altri sei vennero poi liberati a mano a mano che avevano scontato la pena.
Hess rimase dal 30 settembre 1966 l'unico in carcere nella fortezza di Spandau;
e nonostante seguitasse a recitare sempre la parte del folle, ha scritto moltissimo
su vari argomenti: ingegneria, musica, arte, geografia; ma in particolare (1979)&nbsp;
i tre volumi (vendutissimi in Germania) sulla Resistenza tedesca.&nbsp;<br>
<br>
&nbsp;Ma torniamo alla Grande Guerra. Hitler oltre che predicare e lanciare
anatemi ai marxisti, agli ebrei ed esprimere tutto il suo disprezzo per i politici,
per i partiti e per la scarsa propaganda data alla lotta, dove la Germania sta
giocandosi il suo avvenire&nbsp; (Mussolini sta facendo altrettanto) si distingue
anche nelle azioni, con&nbsp; spavalderia&nbsp; gli va sempre bene, esce sempre
incolume in ogni azione, fino a crearsi un mito dell'incolumità. Diventa caporale.
Il 5 ottobre del '16 partecipa alla famosa &quot;<i>Battaglia della Somme</i>&quot;
dove morirono 1.000.000 di tedeschi &quot;inutilmente&quot; (dirà) e lui stesso
questa volta rischiò di morire. Come Mussolini (che rimase ferito due volte)&nbsp;&nbsp;
anche&nbsp; Hitler rimase gravemente ferito due volte in una gamba nel '16 poi
agli occhi nell'ottobre del '18.&nbsp;<br>
La prima volta in una impresa rischiosa: una granata colp&igrave; una postazione,&nbsp;fu
dato per morto, poi un commilitone si accorse che tra i corpi esanimi c'era
ancora qualcuno in vita; ed era lui, Hitler ! Finì in ospedale, guarì e volle
ritornare sul fronte, nelle retrovie, anche se claudicante. Lo premiarono con
un'alta decorazione, la croce di ferro di prima classe, raramente data a graduati
di truppa. Non fu premiato con una promozione a un grado superiore (sergente),
perchè <i> non</i> gli riscontrarono <i>&quot;doti di comando&quot;, &quot;uomo
coraggioso ma per il carattere bizzarro è incapace di farsi ubbidire&quot;.
</i>(!!)<br>
Tornato al fonte, a pochi giorni dalla fine della guerra -il 16 ottobre- fu
quasi accecato dai gas asfissianti a Ypres, appena inventati dagli stessi tedeschi
e impiegati con effetti devastanti .&nbsp;<br>
<br>
Fu ricoverato all'ospedale di Pasewalk, in Pomerania, proprio mentre in Germania
c'erano i rovesci più politici che militari. E proprio in corsia apprende la
anomala disfatta della Germania, la resa di una nazione che non ha quasi nemmeno
combattuto nell'ultimo anno, che ha l'esercito in piena efficienza,&nbsp; l'intera
marina alla fonda nei mari del nord, che ha vinto tante battaglie, sacrificato
due milioni di morti,&nbsp; ma che però ha perso la guerra non sul campo ma
nei palazzi della politica, dei giornali, del governo, tutti&nbsp; pieni di
&quot;<i>traditori</i>&quot; e di <i> &quot;miserabili criminali</i>&quot;:
&quot;<i>Alla notizia del crollo, all'annuncio che il Kaiser era fuggito in
Olanda, lui come una belva colpita a morte si mise a gemere&quot;</i> dirà un
suo collega.<br>
Mentre lui scriverà in seguito: <i> &quot;Quel giorno crebbe in me l'odio per
i responsabili. Miserabili! degenerati criminali! Con dentro la rabbia che mi
divorava l'anima decisi di dedicarmi più seriamente alla vita politica&quot;</i>.&nbsp;<br>
E non ebbe più dubbi&nbsp; soprattutto quando i rivoluzionari, dopo che era
ritornato (non sapendo cosa fare dopo il congedo) a prendere servizio in una
caserma di Monaco gli imposero di mettere la fascia rossa al braccio. Proprio
a lui che definiva gli spartachisti &quot;cimici delle rivoluzione&quot;. (Come
va dicendo Mussolini in Italia &quot;se vogliono fare la rivoluzione, i conti
proprio non tornano&quot; Sono pochi!)<br>
<br>
Il 30 OTTOBRE 1918 a Vienna scoppiano tumulti rivoluzionari, il governo è costretto
a dimettersi e un ambiguo consiglio provvisorio tratta la pace con gli alleati,
dopo aver scoraggiato i militari a continuare la guerra, ritenendola (le sinistre
lo dicevano da mesi) ormai perduta. Robert Musil (l'Autore del celeberrimo <i>L'uomo
senza qualità) </i>che curava un foglio per i soldati, già da tempo non faceva&nbsp;
mistero nei suoi articoli di questa gente che a Vienna nelle alte sfere -fin
dal 1917- remava contro: fino al punto che gli tolsero il giornale per farlo
stare zitto. (L'intera raccolta è alla Biblioteca di Bolzano. Ma c'era anche
di peggio, e sono le significative lettere che Musil inviava alla moglie. Sono
state ritrovate solo pochi anni fa, nascoste in una cantina di un palazzo di
Bolzano in demolizione dove appunto abitava la moglie- lo sfacelo politico a
Vienna nelle lettere appare in tutta la sua drammaticità, molto di più che nelle
pagine del suo capolavoro sull'Impero di Cacania, la &quot;Guerra parallela&quot;&quot;
). Ma andiamo avanti.<br>
<br>
Il 7/8 NOVEMBRE (Intanto l'Austria si è arresa in Italia) scoppia l'insurrezione
a Monaco, re Federico è costretto ad abdicare e viene proclamata la repubblica
controllata da elementi socialisti (quelli che remavano contro, i disfattisti,
come in Italia, convinti di poter innescare nel dopoguerra una rivoluzione proletaria;
non ben definita perfino nelle loro file, se riformista o massimalista. Guardavano
a est, alla nuova stella sorgente &quot;rossa&quot;, ma anche in Russia tanta
lucidità di cosa fare, tra Lenin e compagni (vedi Stalin) non c'era proprio.&nbsp;<br>
<br>
Il 9 NOVEMBRE il governo tedesco annuncia l'abdicazione dell'imperatore Guglielmo
II; il socialdemocratico Scheidemann proclama la nascita della repubblica; con
l'armistizio si intavolano a Compiegne trattative di pace con gli alleati.<br>
<br>
Il 10 NOVEMBRE viene costituito a Berlino un gabinetto socialdemocratico. Inutilmente
si battono i Consigli degli operai (di sinistra - spartachisti) e i Militari
per assumere il potere o almeno farne parte.&nbsp;Dopo aver i primi propagandato&nbsp;il
disimpegno, i veri operai sono messi da parte; mentre le rappresentanze militari
profondamente deluse dall'esito della guerra, non vengono nemmeno ascoltate,
sono esautorate. Due fatali smacchi.<br>
<br>
L'11 NOVEMBRE Viene concluso l'armistizio. Gli alleati prendono possesso dei
territori occupati e soprattutto del bacino della Saar. Il polmone dell'industria
tedesca.<br>
<br>
Per Hitler&nbsp; tutto questo è un'onta cui si aggiunge la beffa: il Kaiser
(anche lui beffato) è fuggito, due milioni di morti per nulla e quattro anni
di sacrifici inutili. Gli crolla il mondo addosso e lancia già il suo anatema
che contiene già interamente il germe del duro nazionalismo (patriottico)&nbsp;
tedesco: <i> &quot;tanti&nbsp; morti e una disfatta perché un mucchio di criminali
ha ardito alzare le mani sulla patria&quot;</i>.&nbsp;<br>
I criminali secondo Hitler sono quelli della borghesia tedesca ebrea, per opportunismo
vicina ai bolscevichi socialisti; quella con i grandi capitali, che Hitler accusa
di avere assieme alla disgraziata sinistra scoraggiato i militari a proseguire
la guerra (ritenendola già perduta); di aver così provocato la disfatta e infine
giunti alla fine di questo&nbsp; disegno criminale, di aver poi provocata la
caduta della monarchia per salire al potere del nuovo Stato Mercantile. Li accusa
di essere i responsabili di una resa, della liquidazione dell'impero, della
vendita della Germania ai nemici. Gli italiani, Hitler nemmeno li nomina, li
considera quasi compagni di sventura, visto quello che avevano ottenuto a guerra
&quot;non persa&quot; ma nemmeno &quot;vinta&quot;. (Ma la situazione in Italia
è molto simile; anche qui i socialisti dopo aver sempre boicottato l'interventismo,
si ritrovano a guerra finita con le ex masse proletarie (e non solo quelle)&nbsp;
disunite, e gli stessi socialisti divisi su quale linea muoversi; quella rivoluzionaria
utopistica (ma già concreta in Russia, o quella riformista). Spaccatura che
darà poi origine - come in Germania- al partito Comunista. Ma non sono soli,
altrettanto faranno i cattolici in Germania come in Italia.<br>
<br>
Finita la guerra nel modo più disastroso che abbiamo appena letto e con un dopoguerra
ancora più drammatico sotto l'aspetto economico e sociale, ma soprattutto morale,
Hitler come tanti è ancora confuso. Anche lui si muove (perfino con la odiata
fascia rossa al braccio) dentro un proletariato socialista, ma il suo è un socialismo
spurio come quello mussoliniano a Milano.&nbsp;A Monaco comunque nasce il Partito
dei lavoratori; Hitler (proprio lui che aborriva a fare il proletario) vi entra
come simpatizzante mentre proprio dentro il movimento&nbsp; ci sono -come in
Italia- delle forti divergenze.&nbsp;<br>
<br>
Il 1° GENNAIO 1919 una corrente di sinistra socialdemocratica guidata da Rosa
Luxemburg e Karl Liebknecht danno vita al partito comunista tedesco (KPD). Il
programma (guardando a Est) prevede la costituzione di una repubblica socialista
sul modello sovietico. Iniziano a scendere in piazza con manifestazioni contro
il governo; a Berlino occupano numerosi edifici pubblici e i giornali. Le truppe
del nuovo governo (buona parte mercenarie - non ne hanno del resto altre - perchè
gli ex combattenti di ogni grado sono contro il governo) occupano la città e
reprimono nel sangue l'insurrezione. I due dirigenti comunisti il 15 vengono
assassinati. L'avventura è durata poco.<br>

Il 19 GENNAIO 1919 si riunisce l'Assemblea nazionale che deve redigere la costituzione
della nuova repubblica. Mentre il governo (coalizione socialdemocratici, cattolici
e liberali) procede senza sosta alla repressione e alla liquidazione degli oppositori
di sinistra; l'11 febbraio a Weimar&nbsp; l'Assemblea inizia i suoi lavori ed
elegge Presidente della nascente repubblica, Scheidermann.<br>

Il 4 APRILE scoppia l'insurrezione in Baviera. Come a Berlino, nell'arco di
un mese viene duramente soffocata nel sangue dai &quot;soldati&quot; inviati
dal nuovo governo centrale. Sono definiti&nbsp; questi ultimi ;Corpi Franchi&quot;,
e sono dei cinici mercenari che sparano su chiunque, sugli operai&nbsp; ma anche
su quelli che fino a pochi mesi prima erano militari o ufficiali sul fronte
e che anche loro, ora, con furore protestano contro l'inetto governo.
21 GIUGNO - L'indignazione, la rabbia, il malcontento e la protesta dilaga negli
ambienti militari. Ed è clamorosa. La flotta tedesca all'ancora a Scapa Flow
viene autoaffondata dagli equipaggi perchè non sia consegnata agli alleati in
vista dei trattati che -sono sicuri- i &quot;traditori&quot; andranno a firmare
Il 28 GIUGNO infatti
viene firmato&nbsp; il trattato di pace a Versailles. Quasi
con noncuranza - non credendo possibile l'applicazione dei 14 punti di Wilson
(che furono ulteriormente modificati e snaturati) - nè che alla Germania sarebbero
stati veramente chiesti; i danni di guerra dei paesi occupati e i costi
della guerra dei vincitori. Ma i rappresentanti di quel governo contrastato
da più parti, firmarono comunque. Gli oppositori augurarono che un fulmine colpisse
quelle mani che firmavano; e anche se il maleficio si avverò Rathenau
e Erzberger furono assassinati, mentre Wilson fu colto da una paralisi cinque
mesi dopo) il trattato firmato ebbe il suo inarrestabile corso
Shin W.
00venerdì 28 gennaio 2005 20:55
però adesso il testolo pulisci tu dai codici html [SM=x39851]
Shin W.
00venerdì 28 gennaio 2005 20:57
Nel
corso del 1911, fra le tante manifestazioni (e scioperi) anche violenti in
molte città d'Italia contro la guerra turca a Tripoli e Bengasi, una di queste
manifestazioni in particolare assume rilevanza storica, quella di Forlì dove
a guidarla è il figlio di un fabbro e di una maestra elementare di Dovia-Predappio:
di<i> 27 anni, </i>già con un ricco passato di antimilitarista e di militanza
socialista. Da tempo - per come si comportava dentro e fuori la sezione- soprattutto
con la sua irruenza nei comizi- aveva già ricevuto dai suoi colleghi socialisti
l'appellativo di Duce</strong></font><font SIZE="4" color="#000080">.</font></p>
<p align="center"><font SIZE="4" color="#000080"><br>
<strong>Si chiamava MUSSOLINI, di nome BENITO</strong></font></p>
<p align="justify"><font SIZE="4" color="#000080"><br>
<strong><font face="Arial Narrow">Il Padre, <i>Alessandro Mussolini</i> ammirato
dalle gesta di <i>Benito</i> Juarez, impose questo nome al  suo primo
figlio quando nacque il 29-7-1883. La moglie, insegnante oltre che madre di
questo bambino (in mezzo a molta miseria - dove metà della popolazione di
Dovia nell'arco di pochi anni era già emigrata in Brasile), fu anche la maestra
di suo figlio. E lui stesso poi prese il diploma di maestro, frequentando
la Scuola dei preti Salesiani. In questa scuola fu descritto come: "Giovane
irruente, impulsivo, ribelle, ma molto intelligente" anche se una nota
del direttore inviata ai genitori puntualizzava che "...la sua natura
non é acconcia a un sistema di educazione di un Collegio Salesiano".
Di lui come ragazzo, gli amici coetanei dicevano "non discute, picchia".
Ma era anche intelligente ed estroso, visto che a scuola in un tema "Il
tempo è danaro" fece lo svolgimento in una sola riga; "Il tempo
é moneta, perciò vado a casa a studiare geometria, perché sono vicini gli
esami, non le pare signor professore la cosa più logica?" <br>
E non studiava solo quella, ma Storia, Politica, Musica, Poesia. Divenne infine
Maestro, ma il fascino di arringare la folla era il suo debole, tenne discorsi
celebrativi su Verdi, Garibaldi e altri, che entusiasmavano i presenti con
le arringhe, dove poi, quasi sempre, lui sconfinava nella politica più accesa,
coinvolgendo le masse con i suoi caratteristici atteggiamenti e una passionale
oratoria.</font></strong></font><strong><font SIZE="4" face="Arial Narrow"><font color="#000080"><br>
<br>
</font> </font> <font color="#000080" face="Arial Narrow"><font SIZE="4">
Insegnava a Gualtieri (che era il primo comune conquistato in Italia dai Socialisti),
ma presto, pur avendolo nominato i socialisti Capo Sezione, gli venne a noia
e emigrò in Svizzera. Due anni e mezzo in giro a fare lo sfaccendato, il disoccupato,
il poveraccio, l'insegnante di italiano agli immigrati; ma intanto frequentava
le lezioni di economia-politica di </font> </font> <font face="Arial Narrow"><a href="../../mondo12.htm"><font size="4">VILFREDO
PARETO</font></a><font SIZE="4" COLOR="#800000"> </font></font><font color="#000080" SIZE="4" face="Arial Narrow">
il grande economista (borghese)  che insegnava a Losanna; e nel frattempo
leggeva molto.<br>
Sue letture preferite: Nietzsche, Marx, Schopenhauer. E scrive anche qualcosa,
Ma nei suoi primi scritti non esordisce rivoluzionario; usa il gergo socialista
che ha assorbito a casa, anche se in questo primo periodo svizzero (1902-1904)
il suo inizia a essere originale soprattutto quando i dibattiti fra riformisti
e rivoluzionari si fecero roventi. Non ha ancora un pensiero politico autonomo,
ma è già un dialettico rivoltoso (del resto era a contatto anche con l'ambiente
anarchico) e in questi primi interventi (su <i>L'Avvenire del Lavoratore,
Il Proletario, Avanguardia Socialista) </i>si permette già di scrivere che
<i>"il socialismo è un vasto movimento pietista, non l'avanguardia vigile
del proletariato, ma una accolta di malcontenti, con alcuni vanitosi già compromessi
con la borghesia che li usano proprio per far naufragare il socialismo".
</i>Sono dunque già frasi in libertà, fuori da certi rigidi schemi.<br>
Infatti con le varie scuole, le varie dottrine, le frequentazioni e le letture
più diverse nel 1909 lo ritroveremo già autonomo, con la sua ideologia già
in embrione.<br>
<br>
 Dopo 2 anni in Svizzera, fece una breve visita in Italia alla madre
malata, ma aveva 21 anni e a casa trovò la cartolina di leva. Per evitare
il servizio militare, contraffece la data sul passaporto e riespatriò in Svizzera,
ma il documento falsificato fu scoperto alla frontiera. <br>
Fu quindi espulso, mentre nel frattempo in Italia lo condannavano per diserzione.
I giornali socialisti enfatizzarono, uno scrisse: "E' stato cacciato
dalla Svizzera il socialista Mussolini, il <i>grande</i> <i>duce</i> della
"Prima" sezione socialista d'Italia". Era la prima volta che
veniva usato il titolo di <i>duce, </i>che ricordavano gli antichi condottieri
romani, ed era anche la prima volta che veniva indicato come <i>grande</i>.
Mussolini aveva poco più di vent'anni ed entrambi i due titoli non gli dispiacquero
proprio per nulla.<br>
<br>
In Italia, ci fu proprio quell'anno l'amnistia per i reati anche di diserzione.
Provvidenziale perchè gli evitò una condanna, ma il soldato dovette farlo,
a Verona nel 10° reggimento bersaglieri. Ci stava apparentemente bene, tanto
che si prese perfino le lodi e i gradi di caporale, ma era di idee antimilitariste
e predicava la diserzione quando scriveva agli amici. Congedato, fece il maestro
a Tolmezzo, poi anche lì divenne insofferente all'ambiente.<br>
<br>
Lo andò a fare il maestro a Oneglia, in Liguria, dove si mise a dirigere con
impegno anche un piccolo foglio socialista "La Lima". Qui scopre
la sua "strada", il giornalismo, quello "rovente" e anticlericale,
infatti, negli articoli si firma "<i>il vero eretico</i>", con accuse
ai preti di essere "<i>gendarmi neri al servizio del capitalismo</i>".
Durante gli scioperi accennati all'inizio, Mussolini entra subito in diverbio
con gli interventisti.<br>
A un capo crumiro, con una mazza in mano minaccia di spaccarlo in due, l'altro
non sta al gioco, va a denunciarlo, la sera stessa è arrestato, processato
per direttissima e condannato a 3 mesi. Conosce il carcere per 15 giorni;
uscito, si ributta in politica, ma alla fine emigra nuovamente all'estero,
a Trento (allora austriaca) dove passa intere giornate nella biblioteca comunale
a leggere storia e saggi politici, e nello stesso tempo a studiare il violino
("se diventerò bravo ho un mestiere di riserva"), infine trova la
tanto sospirata occasione di poter dirigere un foglio.<br>
<br>
É "<i>L'Avvenire del lavoratore</i>", gli da' impulso, dinamismo,
fa raddoppiare le copie del giornale. CESARE BATTISTI il più attivo del socialismo
trentino che dirige il "<i>Popolo</i>" lo scopre e lo vuole con
se'; lo nomina Redattore Capo. Proprio Battisti nel presentarlo per la prima
volta sul giornale, così lo descrive, <i> "é uno scrittore agile, incisivo,
polemista, vigoroso, con una buona cultura, multiforme e moderna"</i>,
ma subito dopo gli diventa scomodo, incontrollabile e perfino pericoloso,
perché Mussolini é impulsivo, interviene con rudezza con tutto il peso delle
sua presa di posizione estrema e rigida che inaspriscono le polemiche con
gli austriaci per l'autonomia del trentino, mentre Battisti sta operando in
un modo più diplomatico, pur dicendo velatamente le stesse cose. Inoltre Battisti
non voleva inimicarsi il clero locale, molto legato all'Austria. Non rompe
del tutto i rapporti, ma dopo un mese Mussolini già non scrive più sul suo
giornale.<br>
<br>
A Mussolini, Trento, gli sembrò troppo clericale, e aveva anche una profonda
avversione per un giovane leader dei cattolici. Era <i>Alcide De Gasperi </i>che
dirigeva <i>Il Trentino</i> e dalle sue colonne  rimproverava gli insulti
che lanciava il suo collega; ma Mussolini con i suoi articoli a sua volta
lo attaccava, lo definiva "pennivendolo" "uomo senza coraggio"
"un tedesco che parla italiano, protetto dal forcaiolo, cattolico, feudale
impero austriaco e quindi un servo di <i>Francesco Giuseppe</i>". L'attacco
ai preti intanto continuava. Gli avversari politici lo chiamavano "il
cannibale dei preti", e quando in un paesino di Trento si scoprì una
storia boccaccesca fra una contadina (in vena di santità) e il parroco locale,
che l'aveva messa incinta più volte, Mussolini con la sua vena di scrittore
salace, irriguardoso e fantasioso scatenò un putiferio nel raccontarne i retroscena,
con il preciso intento di ridicolizzare tutto il clero locale.<br>
<br>
In questo clima rovente, come agitatore più che polemista, che metteva a rumore
la città, Mussolini non poteva durare, infatti, la gendarmeria austriaca su
segnalazione di anonimi, l'accuso' assieme ad altri suoi amici irredentisti
del furto in una banca, gli perquisirono l'abitazione, forse trovarono manifestini
anti-austriaci, alcune copie del suo giornale che andava spesso sotto sequestro,
trovarono insomma la "giusta causa" e una vaga motivazione per l'arresto
e per sbatterlo in prigione. Dopo aver odiato gli svizzeri, Mussolini in galera
iniziò a odiare i trentini austriaci, quando, pur non provata né trovata nessuna
accusa, seguitarono a tenerlo in carcere senza un preciso motivo. Tanto che
per protesta, e informando i socialisti con chissà quali mezzo, iniziò a fare
un plateale <i>sciopero della fame</i> per attirare l'attenzione.<br>
<br>
Per non farlo diventare un pericoloso martire dei socialisti o creare incidenti
diplomatici, i gendarmi lo accompagnarono con i soli vestiti sdruciti addosso
al confine di Ala, e lo diffidarono a non mettere più piede nella terra del
Kaiser. Mussolini raggiunta Verona a piedi, racimolato qualche soldo alla
stazione per il viaggio in treno, rientrò a Forlì, dove visibilmente umiliato
passò l'inverno ad aiutare il padre vedovo a servire clienti in un osteria
gestita assieme a una certa Annina Guidi, una sua vecchia amante, che morta
la moglie si era deciso a viverci insieme, gestendo con lei appunto la trattoria.
Un antico rapporto questo che alcuni mormoravano che da lei aveva avuto quella
bimba cui avevano dato il nome di <i>Rachele,</i> e che la donna allevò. Benito
aveva conosciuto Rachele<i> </i>bambina prima di andare in Svizzera, ora al
suo rientro l'aveva ritrovata donna e piuttosto attraente; le sue attenzioni
furono pari a quelle della fanciulla che a sua volta si invaghì presto del
fratellastro. <br>
Forlì' gli stava stretta e lo divenne ancora di più quando anche in questa
città lo arrestarono e lo misero di nuovo in carcere per quindici giorni per
aver fatto un comizio non autorizzato.<br>
<br>
Nel comizio, teorizzava la rivolta, e incitava a dare alle fiamme il Codice,
ne auspicava un altro con nuove leggi. Il suo attivismo lo portava a porsi
al di sopra delle comuni norme, e quindi auspicava la "<i>necessita'
della rivolta</i>". Leggendo Nietzsche  lo aveva colpito una frase
"vivere pericolosamente", e ne fece il proprio motto, tanto che
pubblico' un saggio in tre puntate sul giornale <i> "Pensiero Romagnolo"</i>,
<i>La filosofia della forza, </i>dove troviamo il pensiero del filosofo tedesco
(il superuomo nicciano) che indubbiamente lo aveva affascinato e conquistato
(altrettanto quello di G. Sorel - <i>La funzione della violenza nell'agire
storico


Shin Wildwood Druido del bosco di Wildwood





Modificato da Shin W. 28/01/2005 20.57
Shin W.
00venerdì 28 gennaio 2005 20:58
In carcere in quei pochi giorni dove era stato ospite utilizzò il tempo a
scrivere. Dopo l'esperienza fatta a Trento, dove si era documentato storicamente
di un certo periodo della vita politica di quel paese, scrisse un breve satirico
romanzo proprio sul Trentino. <i>Cesare Battisti</i> lo pubblicò a puntate
sul "Popolo", a 15 lire a puntata, e il pubblico lo lesse avidamente.
Era un racconto fantapolitico "<i>Claudia Particella, l'Amante del Cardinale"</i>,
un modo per far la "sua" feroce propaganda politica anticlericale,
irridendo i cattolici bigotti.  <br>
Ma Forlì dopo le vicende del carcere gli divenne antipatica, anche perchè
inutilmente bussò a tutti i giornali; infine pensò di emigrare anche lui in
Brasile, come avevano fatto tanti abitanti del suo paese  Dovia; infatti
aveva tanti vecchi amici di infanzia che appunto in Sud America erano emigrati.<br>
<br>
Valutò pure di accettare un posto come messo comunale ad Argenta; "sono
stanco di stare in Romagna e sono stanco di stare in Italia", scrive
a tutti; ma il 9-1-1910 la federazione socialista di Forlì lo nomina segretario
della federazione e gli fa dirigere i quattro fogli di "Lotta di Classe".
Mussolini e' entusiasta, vede già il suo successo, ne e' convinto, e' sicuro
di sè, si sbilancia anche troppo "<i>alla prossima ventata spazzero'
via Giolitti</i>", ed economicamente non teme più il futuro perchè prende
120 lire al mese; tanti da mettere su anche famiglia; infatti dopo 8 giorni
torna a casa e presa <i>Rachele</i> sotto braccio, comunicò al padre e alla
matrigna che sposava la sorellastra "senza vincoli ufficiali, ne' civili,
ne' religiosi", e con una pistola in mano minacciò in caso di diniego
il duplice suicidio. La notte stessa prese due lenzuola, quattro piatti con
le posate, la rete di un letto e con Rachele si trasferì in una stanza in
affitto con cucinino a 15 lire il mese; "mise su casa". Era il 17
gennaio del 1910. <br>
<br>
Mussolini aveva 27 anni e Rachele 17. Dopo 9 mesi, il 1° settembre 1910 
nasceva Edda. 27 giorni dopo si svolse lo sciopero di Forli! Con Mussolini
attivista in prima fila; un po' troppo, tanto che gli valse questa volta la
condanna a cinque mesi di carcere. Comunque una galera utile per trasformarsi
in vittima, in martire e quindi diventare ancora più popolare. (Hitler nel
'23, a Monaco ottenne lo stesso risultato, il processo e la condanna per il
putsch, fu il suo trionfo).<br>
<br>
Così popolare che nel 1912 Mussolini lo troviamo a dirigere l'organo
del partito socialista <i>L'Avanti. </i>Si fa  portavoce del proletariato
ed inizia il 7 gennaio 1913 una feroce campagna contro "gli assassinii
di Stato". Con indignazione si era scatenato per gli incidenti mortali 
verificatisi durante gli scioperi dei lavoratori che chiedevano miglioramenti
salariali, riduzioni d'orari, previdenze, pane e lavoro. Conflitti dove scopriamo
all'interno di queste manifestazioni  non solo una forte tensione sociale
fra padronato e operai, ma anche la prima forte spaccatura dentro i sindacati
socialisti, tra i riformisti e i rivoluzionari. Due correnti di pensiero
che divideranno in eterno le sinistre; e non solo quelle italiane.<br>
<br>
Poi venne la ferale notizia da Sarajevo. L'inizio di quella che doveva essere
per tutti una breve guerra, si trasformò ben presto -dopo le prime battute-
in una guerra mondiale che andrà a cambiare il mondo. Crolleranno tre imperi,
il Reich tedesco verrà sbriciolato, muterà l'intera politica del vecchio continente,
nasceranno due grandi influenze ideologiche, e l'intera economia mondiale
inizia a prendere due sole direzioni; che non viaggiano in parallelo, ma inizieranno
a correre una contro l'altra fino al grande scontro ideologico. Ognuna durante
questo lungo viaggio cercando -con tutti i mezzi- di allargare il proprio
regno; che questa volta non è quello di uno Stato, nè quello di un Continente,
ma è in gioco l'egemonia sull'intero Pianeta. Una lotta che ben presto sarà
ingaggiata più solo da due giganti.<br>
<br>
MUSSOLINI dallo stesso giornale, il 20 settembre 1914 lo troviamo prima contro
l'intervento in guerra dell'Italia, promuovendo perfino un plebiscito pacifista,
poi subito dopo il 18 ottobre 1914 (l'articolo é una "bomba") lo
troviamo improvvisamente schierarsi a favore; titola <i>"da una neutralità
assoluta alla neutralità attiva e operante"</i> che gli costa la radiazione
dal giornale e dal partito, il PSI. Un socialismo neutralista ad oltranza,
che già in crisi con la disgregazione dell'Internazionale socialista, messo
di fronte alle scelte sull'intervento in guerra, che tutti ormai consideravano
imminente, e nelle alte sfere necessaria per biechi motivi,  lo troviamo
-il partito socialista-  schierarsi contro la guerra e iniziata questa
a promuovere il disfattismo, e fin dall'inizio il suo fallimento. Mussolini
non é disposto ad accettare questo fallimento né le limitate vedute di molti
dirigenti del suo partito.<br>
L'idea che si é fatta Mussolini (ed é l'unico ad avere una certa lucidità
in anticipo sui tempi) é che la rivoluzione socialista é fallita prima ancora
di iniziare, e mai il socialismo potrà uscire dalla guerra, vinta o persa,
con nuove prospettive.<br>
Le masse - andava dicendo Mussolini-  i milioni di individui, dopo aver
combattuto, potranno imporre domani, a vittoria ottenuta, la propria pace
alla borghesia con tutte le carte in regola, perché avranno una propria forza
autonoma per farlo, e non avranno bisogno dei socialisti. A guerra persa invece
le colpe ricadrebbero solo sui socialisti, che il conflitto non lo volevano
e hanno sempre disprezzato chi era stato chiamato a parteciparvi: (tanti,
tantissimi, saranno quattro milioni e mezzo di uomini).<br>
<br>
Insomma i socialisti erano dentro un vicolo cieco. Questo in sostanza aveva
sostenuto Mussolini alla vigilia del conflitto, e il ragionamento era impeccabile;
ma il guaio grosso fu che la guerra che doveva essere "lampo" fu
invece lunga e quando finì terminò in un modo anomalo, non accontentò proprio
nessuno; infatti i vincitori (per come furono trattati a Versailles) si ritrovarono
in mano quella che fu poi definita una "vittoria mutilata"; in altre
parole, una frustrazione per entrambi, per chi l'aveva sostenuta  la
guerra e combattuta (Mussolini e i 4,5 milioni di Italiani) e chi aveva remato
contro e profetizzato il totale fallimento (i socialisti - questi erano convinti
di poter fare dopo la guerra la rivoluzione del proletariato).<br>
<br>
Il 15 novembre del 1914, dopo l'articolo "bomba" e dopo la radiazione
all'<i>Avanti,</i> MUSSOLINI fonda a Milano il <i>Popolo d'Italia</i> (finanziato
e non del tutto disinteressatamente dalla Edison, dalla Fiat di Agnelli, dall'Ansaldo
dei fratelli Perrone ecc. ecc.) con un indirizzo antisocialista, e con iniziali
palesi appoggi all'irredentismo che va predicando D'Annunzio e De Ambreis
(Ma poi con la "Vicenda Fiume "Mussolini prenderà le distanze dai
due "rossi" - vedi partendo dal 1919).<br>
Infine il 6 maggio del 1915, l'altra "bomba": Mussolini esce con
l'articolo "E' l'ora". Poi abbandona non del tutto il giornale (terrà
un diario di guerra fino al febbraio 1917) e molto coerentemente con quello
che ha scritto, si offre volontario.<br>
Non è il solo, parte D'Annunzio, parte Marinetti, e parte Cesare Battisti
che incita "tutti al fronte con la spada e col cuore", poi in agosto
parte finalmente anche Mussolini.<br>
C'è in questo slancio forse anche un motivo umano, lui odia gli Austriaci;
il suo é anche  un conto personale da regolare! I giorni di carcere a
Trento, le accuse infamanti, e le umiliazioni ricevute hanno lasciato il segno! <br>
<br>
Al fronte Mussolini non ha la vita molto facile, sia con i soldati che lo
ritengono un interventista e sia con lo Stato Maggiore che diffidano di questo
ambiguo soggetto fino a ieri a sinistra come oppositore all'intervento. Era
nota la sua renitenza, il suo antimilitarismo in piazza del 1911-12, e il
suo passato di socialista. <br>
Al Distretto non si fidano proprio. Senza tanti riguardi al suo diploma e
al suo mestiere di giornalista lo mandano al fronte, come soldato semplice
col grado di caporale. Dopo 16 mesi di guerra, per quaranta giorni Mussolini
va anche in trincea, sul Carso, in prima linea sotto le granate austriache;
si guadagna perfino il nastrino. Nel febbraio 1917 una sventagliata di schegge,
non proprio del nemico, lo colpisce. Resta gravemente ferito. Trascorre in
stampelle quattro mesi all'ospedale di Ronchi. Qui nel portare conforto ai
feriti troviamo una visita di  Re Vittorio Emanuele III. Di certo non
immagina nemmeno lontanamente, nel preoccuparsi della salute e nello stringere
la mano di questo semplice caporale sulle grucce, di trovarsi di fronte all'uomo
che fra soli 5 anni legherà il suo destino a quello di Casa Savoia e a tutta
la sua dinastia. Il Destino se era da quelle parti a fare qualche scherzo,
quel giorno ne organizzò uno dei più singolari.<br>
<br>
Dopo la convalescenza, MUSSOLINI rientra al giornale nel luglio 1917. Le cose
in Italia sono molto cambiate nel frattempo, l'interventismo, dopo tre anni
di guerra, quasi inutili sul piano militare e politico, é in crisi, e sembra
- dopo Caporetto- che il disfattismo socialista fra le masse trovi un buon
appoggio. Così andava dicendo Cadorna per giustificare i suoi tragici rovesci.<br>
<br>
Ma non é così, Mussolini è molto attento, si accorge che le masse hanno avuto
uno scollamento dal socialismo e che questo (dopo la disfatta di Caporetto
del 24 ottobre) non può certo aspirare alla vittoria di una rivoluzione dopo
una guerra persa. Infatti le cose cambiarono, per tanti motivi, interni ed
esterni. E anche per tante coincidenze a favore. L'entrata in guerra degli
Usa, la Rivoluzione d'Ottobre in Russia, le Germania in difficoltà (più politicamente
che militarmente), l'Austria in sfacelo, ecc.<br>
<br>
Alla fine, la guerra non fu persa, ma nemmeno vinta, passerà alla storia 
come  la "vittoria mutilata" dopo le liti a Versailles con
Wilson. Questo finale andò ancora di più a complicare le cose. Non c'erano
politicamente né vinti né potevano rallegrarsi quelli che la guerra l'avevano
boicottata con il disfattismo. Con troppo accanimento, questo esito negativo
(nonostante tanta retorica e i proclami) dai socialisti fu fatto pesare molto
ai reduci; "che cosa vi dicevamo, ecco il risultato!" e giù il resto.
Non era certo il modo migliore per fare proseliti nel chiamarli grulli. E
chi era ritornato dal fronte (ed erano quasi 5 milioni) non voleva certo sentirselo
dire, dagli "imboscati" poi.<br>
<br>
Quello che temeva  Mussolini accadde, come aveva previsto e profetizzato.
I socialisti riformisti (con Treves e Turati) sono in difficoltà più di prima
della guerra, e nemmeno parlarne di poter avviare un dialogo con i padroni;
questi invece di concertare hanno preferito la linea dura, si sono uniti e
hanno adottato la strategia delle serrate. <br>
Mentre i massimalisti dichiaratamente rivoluzionari (con Gramsci e Bordiga)
guardano con molta attenzione i fatti russi che avrebbero potuto far aprire
delle nuove prospettive; la prossima fine del capitalismo con la tanto attesa
rivoluzione. Ma non hanno i seguaci, hanno solo  i pochi (e difendono
solo questi) che ancora lavorano e che sono poi quelli che non hanno fatto
la guerra. Non hanno nemmeno le masse contadine (che per la maggior parte
non sono salariati ma sono 3 milioni di piccoli proprietari di "fazzoletti"
di terra) tutti timorosi di perdere con l'avvento del bolscevismo il
loro "orticello", quindi sordi a tutte le sirene comuniste.<br>
 Insomma nelle due correnti, e tra queste e le masse si è creata una
barriera di totale incomunicabilità. Non esiste più spazio per i socialisti.
Mussolini è lapidario, caustico ma anche realista <i>"Vogliono fare la
rivoluzione, ma se li contiamo i conti proprio non tornano


Shin Wildwood Druido del bosco di Wildwood





Modificato da Shin W. 28/01/2005 20.58
Djfalco.
00sabato 29 gennaio 2005 00:15
dai shin fallo tuuu..
cmq lo copio domani ora vado a nanna[SM=x39881]
PhoeniXXX
00domenica 30 gennaio 2005 14:02
Re:

Scritto da: Djfalco. 29/01/2005 0.15
dai shin fallo tuuu..
cmq lo copio domani ora vado a nanna[SM=x39881]



si certo...'na fettina de culo possibilmente vicina all'osso no?[SM=x39910] [SM=x39919]
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