00 22/01/2004 16:06
( dal Corriere della Sera )
ROMA - Per il gruppo Mediaset le telepromozioni valgono da sole all’incirca 325 milioni di euro, una montagna di soldi che alla fine dell’anno vanno a rimpinguare gli utili delle aziende che fanno capo alla famiglia Berlusconi.

Il dato sulle telepromozioni lo si può tranquillamente ricavare dall’ultimo riepilogo degli investimenti pubblicitari in televisione, elaborato dalla Nielsen Media Research e riferito al periodo gennaio-ottobre 2003.

Ebbene nell’arco di dieci mesi il mercato delle telepromozioni in Italia ha permesso a Publitalia e a Sipra una raccolta inserzionistica di 336 milioni di euro (nello stesso periodo del 2002 era stata leggermente inferiore, ovvero 335,3 milioni). Circa tre quarti di questi introiti (stimati in 252 milioni di euro) sono stati appannaggio delle reti Mediaset, di gran lunga le più abituate a usare le telepromozioni. Ma al conto mancano due mesi, novembre e dicembre, considerati pubblicitariamente assai ricchi per la concomitanza con la tredicesima e le feste di Natale.

Applicando la media dei primi dieci mesi e correggendola, anche solo di poco in virtù dell’incremento di fine anno, si arriva dunque a 325 milioni di euro che dovrebbero essere entrati nelle casse del Biscione nell’anno 2003.

La cifra è sufficiente per capire come lo scontro parlamentare sulle telepromozioni non sia fine a se stesso e soprattutto come un’eventuale modifica del testo della Gasparri approvata nel 2003 e poi «bocciata» dal Quirinale avrebbe riflessi negativi sul bilancio Mediaset. Quanto al rendiconto Rai il mancato introito sarebbe inferiore, nel 2003 infatti Viale Mazzini dovrebbe aver incassato per le telepromozioni una cifra di poco superiore ai 100 milioni di euro.

Ma non è tutto. In queste ore gli addetti ai lavori e i parlamentari stanno studiando con grande attenzione il comma 7 dell’articolo 15 del testo della Gasparri, che a sua volta corregge il suo gemello, il comma 7 dell’articolo 8 della legge Mammì.
Sembra infatti che vi sia contenuta una sorpresa.
L’intento del governo è quello di scorporare le telepromozioni dal computo dell’affollamento pubblicitario (che non può superare il 18% orario) e quindi allargare la torta delle inserzioni televisive. Siccome esistono due pareri del Consiglio di Stato secondo i quali l’espressione «messaggi», usata nella Mammì, comprende anche le telepromozioni, il testo del ministro Maurizio Gasparri opera una sottile correzione lessicale. E al posto di messaggi introduce la parola «spot». In questo modo i tetti di affollamento previsti dalla vecchia Mammì non possono più essere usati per le telepromozioni.

Le sorprese però continuano. La vecchia normativa del 1990 disciplinava i «messaggi» a seconda che riguardassero le emittenti private o pubbliche con due differenti comma, il 7 e il 6. Che accade ora? La Gasparri corregge il 7, che riguarda Mediaset, e di fatto liberalizza l’uso delle telepromozioni per il Biscione, ma evita di correggere il 6, che riguarda la Rai. Così per Viale Mazzini restano in piedi i tetti di affollamento pubblicitario sanciti dalla Mammì, mentre per il suo concorrente privato non dovrebbero esserci più.

Con questi presupposti, se la Gasparri passasse così come la vuole il governo, Mediaset non solo godrebbe dello scorporo delle telepromozioni ma potrebbe accrescere la quota di mercato specifica (nei primi dieci mesi del 2003 pari al 74,37%) perché il concorrente avrebbe le mani legate dalla vecchia normativa.